sabato 15 novembre 2008

Confindustria ritocca le stime al ribasso: Pil meno 1% nel 2009. Appello al governo

Il Pil si ridurrà dello 0,4% nel 2008 e dell'1% nel 2009. Il Centro studi di Confindustria ritocca al ribasso le previsioni di crescita del Paese, alla luce della pesante flessione della produzione industriale registratasi nel secondo e terzo trimestre e «ben superiore a quanto atteso anche nelle analisi più pessimistiche». Le precedenti stime, infatti, parlavano di un Pil a -0,2% nel 2008 e -0,5% nel 2009. I dati coinvolgono anche il terziario, non soltanto il settore industriale. Per Confindustria, siamo di fronte alla «recessione più lunga del dopoguerra». I dati puntano, infatti, secondo le previsioni degli economisti di Viale dell'Astronomia, «all'accentuarsi della flessione dell'attività produttiva anche nel quarto trimestre 2008 e alla sua riduzione consistente in avvio 2009».

RALLENTANO PAESI EMERGENTI - Una situazione che conferma come il panico finanziario partito dal fallimento di Lehman a metà settembre abbia «contagiato» l'economia reale. Ed in Italia il peggioramento è evidente, per gli industriali, «negli ordini interni ed esteri e negli indicatori qualitiativi, in particolare nel manifatturiero». «La recessione è più grave perché comune a tutte le maggiori economie industriali, dentro e fuori l'Unione europea», dice ancora Confindustria che guarda con «preoccupazione» al rallentamento in arrivo dai Paesi emergenti.

APPELLO AL GOVERNO - Confindustria torna quindi a sollecitare interventi di sostegno da parte del governo, per fronteggiare la grave crisi economica. «I governi nazionale devono sostenere la domanda attraverso investimenti pubblici, riduzione delle imposte sui redditi bassi e agevolazioni agli investimenti per le imprese. Solo con politiche espansive sarà possibile riportare l'economia sui binari della crescita nella seconda metà del 2009». E dunque gli economisti chiedono tassi di interesse più bassi, puntando il dito nuovamente contro la tempistica della politica della Bce. «La Bce, che aveva stretto il credito in luglio quando il Pil di Eurolandia stava già arretrando, è in clamoroso ritardo nel ridurre i tassi reali (l'inflazione core è ferma all'1,9%) e non tiene conto del costo del denaro pagato effettivamente dalle imprese», dice il Csc. Non solo. «È cruciale», per gli industriali anche «l'azione già intrapresa per evitare il credit crunch». «L'economia italiana ed europea stavano già retrocedendo quando la disponibilità di credito, seppure a costo elevato, era rimasta abbondante. I danni di una contrazione dei prestiti sarebbero irreparabili», concludono gli industriali.

fonte: corriere.it

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