giovedì 27 novembre 2008

L'elettronica verde

Siamo arrivati alla decima edizione della Greener Electronics, la classifica stilata da Greenpeace su quanto sono eco-verdi le multinazionali dell'hi-tech. La domanda, che vuole porre una competizione per il migliore, è: "Chi sarà il primo a essere completamente verde?". E parte da un presupposto indiscutibile: il mondo consuma sempre più prodotti di elettronica, e li consuma nel vero senso della parola, cioè il ciclo d'utilizzo di telefoni, pc e quant'altro è sempre più breve. Questo causa un'enorme quantità di rifiuti hi-tech - chiamati e-waste - che contengono prodotti chimici e metalli che non possono essere riciclati in sicurezza.

Dunque la presa di coscienza ecosensibile da parte delle aziende dell'elettronica è un passo fondamentale per provare a mantenere il nostro pianeta un posto decente. Che decente decente già non è, anzi. E infatti, da questa edizione, la classifica tiene conto non solo di tutti i parametri delle metodologie di produzione (e anche post), ma anche delle politiche attive che ogni azienda mette in atto per migliorare la situazione ambientale-climatica attuale.

Sotto, l'arcobaleno dei bravi e dei cattivi, con possibilità di vedere chi migliora e chi peggiora:



Nokia è davanti a tutti e punta alla palma verde. Ma la strada anche per i resposanbili finlandesi è ancora lunga (hanno anche perso un 0,1%), e questo malgrado il programma di ritiro dell'usato messo in atto sui cellulari in 124 Paesi. Sony non si piazza male, i dolori arrivano con Apple e, soprattutto, Microsoft. La Mela in realtà migliora, grazie a una maggiore attenzione ai materiali di produzione, ma meno rispetto agli altri e cala in classifica. Il colosso di Redmond invece va piano come un elefante e si attende quanto promesso, sempre sui materiali di produzione, per il 2010. All'ultimo posto, e qui lo stupore nasce spontaneo, è Nintendo, l'azienda dei videogiochi (soprattutto, ma non solo) per i più piccoli: tanto poetici e sognatori quanto disgraziati nella produzione, questi giapponesi di Kyoto. Come riporta Greenpeace, l'azienda di Mario segna uno zero spaccato su praticamente tutti i criteri di valutazione ecologica della loro produzione e post-produzione.

fonte: corriere.it

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