I primi tre posti. Secondo la graduatoria, tra le mete più gradite dai sub ci sarebbero l'area di Pianosa (Livorno), Portofino (Genova) e Capo Carbonara-Villasimius (Cagliari). Le tre aree protette hanno ottenuto il miglior voto ("distinto") nell'ambito del monitoraggio subacqueo effettuato dall'associazione ambientalista in collaborazione con Dan (Diving Action Network) e Nase all'interno del Des (Divers Environmental Survey), un progetto di monitoraggio dei fondali marini.
Promossi e bocciati. Si classificano in ottime posizioni anche Tavolara-Punta Coda Cavallo (Olbia-Tempio), Capo Caccia (Alghero-Sassari), Tor Paterno (Roma) e Ventotene (Latina), mentre si devono accontentare della sufficienza Porto Cesareo (Lecce) e le Cinque Terre (La Spezia). Bocciati, invece, i fondali di Plemmirio in provincia di Siracusa e le Isole dei Ciclopi nel Catanese, dove l'immersione sarebbe sconsigliata a causa del precario stato di salute dell'area.
I parametri. Il dossier ha preso in considerazione 12 parametri per valutare lo stato di salute delle aree marine protette: quattro nel gruppo tematico "stato generale", che comprende lo studio della presenza di mucillagini, rifiuti, reti o lenze perse e il grado di torbidità; altri quattro in "popolamento ittico", secondo i quali si valuterebbe la presenza di esemplari di cernia, corvina, dentice, sarago; infine, il "popolamento" e quindi la presenza di piante come la posidonia, ma anche di alghe e gorgonie.
"Chiudere alla pesca per ripopolare". Nelle aree monitorate, maggiori preoccupazioni sono state riscontrate per quel che riguarda i popolamenti ittici e i popolamenti dei fondali. "Le aree - ha dichiarato il responsabile mare di Greenpeace, Alessandro Giannì - si confermano uno strumento valido al ripopolamento in presenza di controlli severi e in assenza di prelievo da pesca. Questo richiederebbe la creazione di una rete efficace di riserve marine, chiuse alla pesca e all'inquinamento, che copra il 40% dei mari italiani al fine di ripopolare i mari e restituire opportunità di lavoro al mondo della pesca che negli ultimi anni ha perso 15.500 posti di lavoro".
La pesca di frodo. Il dossier ha identificato cinque questioni preoccupanti che minerebbero lo stato di salute dei nostri fondali. Ad esempio, la pesca di frodo: è il problema più diffuso, riscontrato in modo particolare nelle aree di Plemmirio e delle Isole dei Ciclopi. Nella zona A, quella più protetta, sono state trovate reti da pesca, così come anche a Pianosa, leader della graduatoria. A Tor Paterno sono stati intercettati pescatori con le canne, a Porto Cesareo è stato fotografato un pescatore subacqueo.
La "zonizzazione". Sarebbe insufficiente la "zonizzazione", ovvero la definizione dei livelli di tutela. In Italia esiste una suddivisione su tre livelli di tutela: zone A (massima), B (intermedia) e C (minore). Tuttavia, rileva il dossier, sono stati osservati posti bellissimi in zona C e posti dove non c'era molto in zona A.
L'eccesso di urbanizzazione. In alcune aree marine è stato rilevato un eccesso di sedimentazione e torbidità dovuto in parte all'urbanizzazione della costa che includerebbe la costruzione di case, strade, porti con il rilascio di fango e altre sostanze. Un esempio è Punta Mesco alle Cinque Terre.
La presenza di specie straniere. Meno famosa della sua 'parente' Caulerpa taxifolia (la cosiddetta "alga assassina"), l'alga Caulerpa racemosa è stata trovata dalla Sicilia all'Arcipelago Toscano e risulta ormai diffusa in tutto il Mediterraneo, soprattutto nel Sud.
L'impatto del cambiamento climatico. Tra le possibili conseguenze sembra esserci la morìa del popolamento di corallo rosso a bassa profondità presso la Grotta di Falco a Capo Caccia.
fonte: repubblica.it
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