Il Tatuara è il rettile vivente più antico del mondo ma neppure il suo ferreo istinto di sopravvivenza può tener testa agli stravolgimenti del clima. Chi l'avrebbe mai detto che questo lucertolone della Nuova Zelanda, abituato a vivere sereno tra le coste dell'arcipelago nord dell'isola e scampato a mille catastrofi ambientali, un giorno per sopravvivere sarebbe stato costretto a emigrare. Eppure potrebbe essere questa l'ultima possibilità rimasta ai 7000 esemplari viventi e, come loro, ad altri animali minacciati di estinzione. Una ricerca svolta da un team di scienziati australiani, inglesi e americani spiega infatti che la "migrazione assistita" o "colonizzazione guidata" può essere l'unica soluzione per salvare le specie più a rischio dalla scomparsa. Lo studio, pubblicato sulla rivista "Science", ha analizzato gli effetti dei cambiamenti climatici e le barriere create dall'uomo allo sviluppo spontaneo dell'ambiente. Tra le prime a lanciare l'allarme la biologa Camille Parmesan dell'Università del Texas, ad Austin, che già 10 anni fa aveva avanzato l'ipotesi del trasferimento di alcune specie animali da un ambiente all'altro per salvarle dall'estinzione. "Quando lo dissi la prima volta tutti gridarono allo scandalo - racconta la Parmesan a Repubblica. it - ma adesso che il pericolo è concreto le mie ricerche sono state rivalutate". La Parmesan è stata affiancata dai biologi Ove Hoegh-Guldberg e Hugh Possingham dell'Università del Queensland, Lesley Hughes della Macquarie University, Sue McIntyre del CSIRO Sustainable Ecosystems, David Lindenmayer della Australian National University e Chris Thomas dell'Università di York.
Su una cosa sono tutti d'accordo: la migrazione assistita non può essere considerata una soluzione vera e propria ma solo una misura di emergenza, cui ricorrere in mancanza di alternative e in presenza di precise condizioni. "E inoltre bisogna stare attenti: sarebbe ad esempio un errore gravissimo spostare l'orso bianco dal polo nord al polo sud: farebbe strage di pinguini!". Insomma, per il più grande carnivoro esistente sulla terra nessuna possibilità di trasloco, e lo stesso vale per le altre specie "sea-ice dependent", la cui sopravvivenza è legata al mare e ai ghiacciai. Esclusa la terra del freddo, gli habitat che più risentono del surriscaldamento globale sono quelli montani, ma anche in questo caso il discorso non è dei più semplici: "Provi a immaginare - continua la dottoressa - se spostassimo alcune specie animali da una vetta all'altra. Magari alla stessa altitudine, ma in condizioni generali diverse: non tutte le montagne sono uguali e anche in questo caso sarebbe un disastro". Rimangono gli animali costretti a vivere in aree protette ma circondati da zone fortemente degradate, devastate dalla mano inquinante dell'uomo. Si parla in questo caso di "range-restricted species", incapaci di adattarsi ai cambiamenti e di sopravvivere in presenza dell'uomo.
Il professor Chris Thomas, del dipartimento di Biologia dell'Università di York, spiega che è in generale il sud Europa a correre dei rischi, a causa del preoccupante innalzamento delle temperature. In Abruzzo, ad esempio, la situazione sarebbe particolarmente delicata e non è escluso che alcune specie animali che attualmente abitano il Parco Nazionale del Gran Sasso dovranno un giorno essere "ospitate" da qualche altra parte. Altra specie a rischio sarebbe il Tritone sardo. "Ma l'Italia potrebbe essere anche un ottimo Paese ospitante - aggiunge Thomas - Il Picchio muratore dell'Algeria, ad esempio, vivrebbe benissimo in sud Europa". La lista degli animali in cerca di asilo, comunque, è piuttosto lunga.
Al primo posto troviamo gli anfibi. Molti di loro si sono estinti nel corso degli ultimi 20 anni, in particolare quelli che abitavano le foreste dell'America centrale. Gli scienziati non hanno dubbi: la colpa è dei cambiamenti climatici. Benché protagonisti di un destino così sfortunato, i vertebrati di questa classe sono i candidati ideali per la migrazione assistita. Si fanno catturare facilmente e sopravvivono in cattività. Ma soprattutto sopportano bene i cambi di residenza. "L'unico problema - spiega la Parmesan - è che spesso questi animali sono aggressivi tra loro. La soluzione è un periodo di osservazione preliminare". Subito dopo, nella top ten degli animali che potrebbero essere sottoposti con successo alla migrazione assistita troviamo i coralli. I "fiori animali", la cui sopravvivenza è messa a dura prova da temperature, inquinamento e pesca selvaggia, potrebbero trovar pace grazie alla costruzione di scogliere artificiali capaci di ricreare flussi di corrente. Questa fase di "pre-adattamento" sarebbe il preludio alla creazione di un nuovo habitat. Una trovata che potrebbe capovolgere le sorti di molte barriere coralline ed essere utilizzata per farle proliferare in cattività.
E dopo lucertole, rane e coralli, ecco la specie in assoluto più fragile: la farfalla. Il fatto che viva pochissimo non smorza la situazione, dato le polveri al piombo depennano decine di specie al giorno. "Non dico che dovrebbero cambiare habitat in modo radicale - continua la biologa americana - e in generale noi consideriamo sbagliatissimo trasportare gli animali da un continente all'altro, ad esempio dall'Europa all'Australia. Ma uno spostamento di un centinaio di chilometri, in una zona dove non vivono insetti che si nutrono dello stesso cibo, questo sì, sarebbe possibile. E produrrebbe risultati efficaci". La bellissima "Euphydryas editha quino", che vive tra Messico e California, sarebbe tra le farfalle la candidata ideale. Anche perché, come ricorda la dottoressa, è una specie innocua.
Non bisogna dimenticare infatti che, un po' come tra gli esseri umani, a volte le nuove presenze vengono accolte con fastidio e provocano squilibri. Anche madre natura, come noi, prima o poi dovrà affrontare il delicato problema dell'emigrazione.
fonte: repubblica.it
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mercoledì 23 luglio 2008
Una migrazione assistita per proteggere le specie a rischio
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