Gli enti locali non vogliono la centrale. Per gli ambientalisti aggiungerà 7,5 milioni di tonnellate di CO2 alle emissioni climalteranti del nostro Paese. Legambiente: «Si continua a investire in opere di grande impatto sull’ambiente e fallimentari sotto il profilo economico»
In Calabria una centrale elettrica alimentata a carbone a Saline Joniche nessuno la vuole. Né il Comune di Saline, né la Provincia di Reggio Calabria, né la Regione, che ha bandito per legge dal suo territorio questo genere di impianti. Ma il governo e la Sei, l’impresa che ha presentato il progetto, si ostinano a proseguire nell’iter autorizzativo. Per protestare contro “la violenza di una scelta imposta al territorio” Legambiente ha manifestato ieri davanti al ministero dello Sviluppo economico, in occasione della prima conferenza dei servizi, gettando un ponte ideale verso piazza Italia a Reggio Calabria, dove un’analogo sit-in è stato organizzato dal coordinamento delle associazioni dell'Area Jonica davanti al Palazzo del governo.
“Il progetto presentato dalla Sei – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani – viene spacciato come eco-compatibile solo perché prevede potenzialmente un impianto idoneo alla cattura della CO2 per il successivo deposito geologico al largo delle coste ioniche, ma attualmente non esistono garanzie sull’effettiva realizzazione dello stoccaggio, che abbasserebbe l’efficienza dell’impianto e aumenterebbe i costi, rendendo il carbone meno competitivo”.
La scelta del carbone va in direzione contraria rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti. “Non esiste oggi una tecnologia in grado di abbattere l’anidride carbonica e questa nuova centrale a carbone non farà altro che aumentare di altri 7,5 milioni di tonnellate le emissioni di CO2 del nostro Paese – ha detto Ciafani – È ora d’investire su tecnologie che siano davvero in grado di rendere sostenibile il sistema energetico dell’Italia”. Ambientalisti enti locali e associazioni temono che quello di Saline, nell'area della ex Liquichimica, sia il solito affare di pochi che finirebbe per ricadere sulle spalle di tanti. “Per oltre 30 anni in Calabria – ha aggiunto il presidente di Legambiente Calabria Antonino Morabito – si è continuato ad investire in opere di grande impatto sull’ambiente e fallimentari sotto il profilo economico invece di valorizzare la naturale vocazione turistica della regione”.
Nello stesso settore energetico, secondo gli ambientalisti, si potrebbe puntare efficacemente sull’utilizzo di alcune delle strutture industriali per realizzare una centrale solare termodinamica a concentrazione e un parco tecnologico per le energie rinnovabili che serva come luogo di produzione ma soprattutto di sperimentazione. “Un’iniziativa simile – conclude Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente - darebbe l’opportunità di un coinvolgimento dei centri di ricerca, delle imprese, Sei inclusa, e delle Università con risposte importanti sul terreno dell’eccellenze, della qualità e dello sviluppo, accompagnate da positive e non effimere ricadute anche in termini occupazionali”.
L’associazione ambientalista rilancia, infine, la sfida alla multinazionale svizzera per un confronto pubblico sul piano tecnico-scientifico- finora sempre eluso da parte della società -sulla opportunità ambientale, economica e occupazionale del progetto della centrale. Sabato 20 e domenica 21 presso tutti i Comuni dell'area jonica sono previsti dei punti di incontro con la cittadinanza per avviare una petizione popolare e una campagna di sensibilizzazione
fonte: lanuovaecologia.it
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