La procura di Napoli ha sequestrato a due imprenditori arrestati nel 2006 l'equivalente delle imposte e dell'Iva evase. Il provvedimento cautelare, introdotto per i reati fiscali dalla Finanziaria del 2007, è utilizzato per la prima volta nel settore dei rifiuti
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Un sequestro per un ammontare di due milioni e mezzo di euro, per false fatturazioni nel settore dei rifiuti, è stato eseguito su disposizione della procura della Repubblica di Napoli in seguito allo sviluppo delle indagini nei confronti di due imprenditori, Giovanni e Cuono Pellini.
I due furono arrestati nel gennaio 2006 nell'ambito della stessa inchiesta, l’operazione denominata “Ultimo atto-Carosello”, che portò in carcere cinque persone, altre otto ai domiciliari e al sequestro di diverse strutture per il trattamento di rifiuti non urbani in provincia di Napoli. L'indagine aveva accertato un giro di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, tra cui diossina e residui cancerogeni in Campania, con un fatturato illecito di 27 milioni di euro. In tre anni era stato trattato oltre un milione di tonnellate di materiale.
Il traffico illecito si svolgeva secondo la collaudata tecnica del “giro bolla”, per cui i rifiuti venivano trattati presso gli impianti solo “documentalmente” ma non vi entravano mai. Così, in tre anni, un milione di tonnellate di rifiuti era stato sversato in terreni o in lagni procurando danni irreversibili all’ambiente e grossi rischi per la salute pubblica.
I Pellini sono attualmente imputati nel procedimento per associazione per delinquere, disastro ambientale, traffico illecito organizzato di rifiuti, falso in atti pubblici, emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Secondo l'accusa, i rifiuti, provenienti da grandi aziende del Nord, venivano intermediati dalle società del gruppo Pellini e poi smaltiti in siti del napoletano. L’operazione era a sua volta l’ultima tranche dell’indagine che già nel novembre 2003 aveva portato all’emissione di misure cautelari e denominata “Re Mida”, cui erano seguiti ulteriori provvedimenti restrittivi nell’aprile del 2004 ( “Re Mida 2”) e nel maggio del 2004 con “Mazzettus”.
Il provvedimento cautelare effettuato oggi è stato possibile grazie allo strumento del “sequestro per equivalente”, introdotto per i reati fiscali dalla Finanziaria del 2007 e utilizzato per la prima volta in ipotesi di false fatturazioni nel settore dei rifiuti. A giudizio dei magistrati napoletani, i due milioni e mezzo di euro sequestrati corrispondono all’evasione dalle imposte sui redditi e di quella sull’Iva derivante dal traffico illecito.
La somma evasa al fisco rappresenta il profitto dell’utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti. Questo tipo di sequestro, adottato senza attendere l’esito del giudizio già durante le indagini preliminari, si tradurrà nella confisca della somma nel caso di condanna.
fonte: lanuovaecologia.it
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