Il sindaco comunista Pietro Rossetti, un galantuomo in buona fede, disse di sì con la promessa di un risarcimento per i danni di una centralina sul Po. Il consiglio comunale approvò il reattore con una licenza edilizia, come per un condominio. Un inganno nucleare, denunciò Italia Nostra. Consumato nel silenzio di una stampa interessata più ai miliardi dell'investimento che all'impatto ambientale. Ricorda un altro ex sindaco, Enrico Fanzini, succeduto a Rossetti: «Nessuno di noi sapeva niente di nucleare. Con l'aiuto del partito sentimmo uno scienziato inglese: ci fornì ampie assicurazioni sulla sicurezza». Una centrale atomica, diceva, è più sicura di un'automobile. Era un altro secolo e c'era un'altra Italia. La Dc al 38 per cento, Rumor presidente del Consiglio, Nenni agli esteri, Tanassi all'Industria. In prima prima pagina il crac di Felicino Riva, il rapimento Lavorini, le uova marce alla Bussola. E poi il Sessantotto, gli studenti in piazza, l'autunno caldo che incombe. E Le Monde che fotografa un Paese allo sbando, con il record europeo delle ore di sciopero e 873 giornate di lavoro perse ogni 1.000 lavoratori. «L'Italia ricorda la Grecia alla vigilia del golpe militare: scioperi selvaggi, blocchi stradali, guerriglia, picchettaggi, cortei nelle fabbriche molotov, culto verbale della violenza…».
Cominciò così il nucleare all'italiana. Con tanto pressapochismo, bugie, strumentalizzazioni, furberie, confusione. Ma le competenze tecniche c'erano, e anche gli uomini: Caorso, dopo errori e battaglie, diventò un modello da esportare. Normale che se ne riparli. Qui c'è già tutto per una centrale: gli studi sismici, l'acqua del Po per il raffreddamento delle barre di uranio, le convenzioni sulla protezione ambientale, una rete di monitoraggio. C'è anche il famigerato piano d'emergenza, quello che fino agli anni Ottanta era un concentrato di inutile burocrazia chiuso a chiave in prefettura e che è stato riscritto, reinventato da Comune, Provincia e Regione. «State calmi, non è successo niente di grave», si leggeva in un ridicolo volantino da distribuire alla popolazione, quando un prefetto a chi gli chiedeva particolari rispondeva così: «Un incidente a Caorso? Facimme 'e corna». Che storia. E che brutto finale. Con la centrale fermata dopo tre anni a pieni giri, dal 1982 all'85, e 29 miliardi di chilowattora prodotti. E con la popolazione di Caorso che non firma per il referendum e non sfila alle marce dei Verdi. Un caso unico nell'Italia dei no. Ma c'era Chernobyl nell'86, e la politica energetica in Italia cambiò strada. In piazza a Caorso in quei giorni c'era il vicesegretario del Psi, Claudio Martelli. Lo slogan era «Atomo, addio». Il Pci si è allineato, la Dc ha avuto paura. Chicco Testa, futuro presidente Enel, guidava un corteo contro l'atomo. Oggi ha cambiato idea. Ripensiamo al nucleare, scrive. Guido Possa approva: «Il governo Berlusconi ne ha fatto una bandiera». Pierluigi Bersani, ministro ombra del Pd, nella prefazione del libro su Caorso, butta la palla avanti: «Il domani del nucleare appartiene alla quarta generazione». Sul piatto ci sono però le centrali della terza generazione. E a Caorso, nell'attesa, c'è una pattumiera di vecchie scoriefonte: corriere.it
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