Sono sempre di più i disastri che colpiscono il sud del mondo ma se ne parla solo se i morti sono «congrui» per una notizia e si perde la problematica di fondo dei cambiamenti climatici e delle necessarie soluzioni
Gli scienziati lo hanno ripetuto in diverse occasioni e i fatti dell'ultima settimana hanno dimostrato quanto sia vero che i Paesi più poveri saranno i primi a subire i devastanti effetti dei cambiamenti climatici. Sicuramente perché molti di essi si trovano in aree del mondo soggette a fenomeni estremi. Ma c'è anche da considerare che in stati come l'India o Haiti lo straripamento di un fiume o una colata di fango rappresentano, per una popolazione in difficoltà e con pochi strumenti di protezione civile, una calamità dagli effetti disastrosi.
In poco meno di due settimane si è verificato un susseguirsi di eventi di natura disastrosa da una parte all'altra del globo e non si è ancora chiuso in queste ore l'allarme per il passaggio dell'uragano Ike a Cuba (già si calcolano più di 60 vittime).
Tutto è cominciato alla fine del mese di agosto quando l'uragano Gustav ha toccato la costa sud orientale degli Stati Uniti risparmiando la città di New Orleans: si temeva una nuova Katrina, ma fortunatamente il numero delle vittime si è fermato a 7 grazie alla tempestiva perdita di potenza dell'uragano con declassamento di intensità da 5 a 3.
Non altrettanto è accaduto durante il percorso di Gustav sull'isola di Haiti. La protezione civile locale ha parlato di oltre 70 vittime nonostante l'evacuazione di migliaia di abitanti nella parte nord dell'isola caraibica. I guai per gli abitanti di Haiti non si sono chiusi con Gustav. Dopo pochi giorni un altro devastante uragano dal nome «Hanna» ha generato una gigantesca colata di fango nella città portuale di Gonaives ad Haiti. Le piogge torrenziali hanno raggiunto anche i cinque metri e gli abitanti hanno cercato rifugio sui tetti delle abitazioni. Con il ritirarsi del fango, sono venuti alla luce i corpi di altre vittime sepolte dalla colata, mentre le 50mila persone in salvo hanno visto l'uragano devastare le loro abitazioni. Nel giro di due settimane tre violenti cataclismi si sono abbattuti sul più povero paese caraibico dell'America Latina facendo ricordare la devastazione provocata nel 2004 dall'uragano Jeanne, sempre a Gonaives, nella quale 2.000 abitanti avevano perso la vita.
Nella stessa settimana le forti piogge monsoniche nel nord dell'India provocavano altri disastri dall'altra parte del globo nello stato del Bihar al confine con il Nepal e in quello dell'Assam. Sono fenomeni che si ripresentano ogni anno a queste latitudini e nei quali si mischiano cause climatiche e cattiva gestione del territorio. Tuttavia la devastazione di fango di questi giorni è la più grave degli ultimi 50 anni. L'ingente portata delle precipitazioni monsoniche in Bihar ha fatto esondare il fiume Kosi sollevando una marea di fango. Mezzo milione di persone sono state bloccate dalla furia delle acque e le prime cifre del Governo parlano di almeno 100 morti.
Di fronte ad eventi così drammatici impallidisce l'insolita pioggia caduta in 24 ore in Gran Bretagna a causa della quale cinque persone hanno perso la vita mentre erano in auto.
In generale le previsioni per i prossimi anni non sembrano rosee. L'innalzamento della temperatura dei mari è, secondo gli scienziati, un processo irreversibile ed è causa principale dell'aumento di intensità dei fenomeni climatici estremi. La rivista «Nature» rincara la dose presentando uno studio di tre ricercatori americani nel quale si analizza l'andamento dei cicloni negli ultimi 25 anni. Tutti i bacini tropicali esaminati presentano un incremento della velocità massima dei venti e una crescita della frequenza dei cicloni soprattutto nelle fasce settentrionali dell'Oceano Indiano e dell'Atlantico con la sola eccezione dell'Oceano Pacifico. Per ogni grado di temperatura in più delle acque superficiali oceaniche, aumenta del 31 per cento la frequenza globale dei più intensi cicloni.
In Bihar, Assam, ad Haiti e a Cuba si muore per la pioggia e il vento, ma la notizia trova spazio ancora troppo limitato sui media internazionali. Viene da chiedersi: ma se qualcuno raccontasse meglio cosa sta accadendo nel sud del mondo e ne mostrasse quotidianamente le tragiche immagini, forse qualcuno firmerebbe i tanto attesi trattati anti-global warming?
fonte: vglobale.it
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martedì 16 settembre 2008
Aumentano gli uragani diminuiscono le notizie...
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