mercoledì 5 novembre 2008

La UE e gli obiettivi di Kyoto, a che punto siamo

La Commissione ha pubblicato a metà ottobre un documento dove, con un occhio al passato e uno al futuro, passando per il momento attuale, si sintetizza il percorso fin qui fatto e le previsioni in merito al conseguimento degli obiettivi stabiliti nel protocollo di Kyoto. Ne diamo una sintesi, citando i passi essenziali

“Comunicazione della Commissione – Progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Kyoto”. Questo è il titolo del documento che già nelle prime parole è evidentemente ottimista, nel senso che le proiezioni derivate dai dati in possesso, consentono di prevedere che gli obiettivi potranno essere centrati alla loro scadenza.
Partiamo dagli ultimi dati disponibili (2006) che indicano come le emissioni totali di gas serra dell’UE-15 (Unione Europea dei 15 Paesi) sono state inferiori del 2,7% rispetto al 1990 (l’anno di riferimento per calcolare la riduzione prevista per ogni paese) e dello 0,8% sull’anno precedente, con esclusione di alcune attività quali quelle relative alla destinazione d’uso del terreno, ai cambiamenti di queste destinazione alla silvicoltura. Nel frattempo il Pil dell’Europa è cresciuto del 40%. Le proiezioni illustrate nel grafico 1 mostrano come il raggiungimento delle quote previste sarà aiutato anche con un -3,3% da quei settori che rientrano nel sistema di scambio (ETS) delle quote di emissione, che però al momento non vengono prese in considerazione per le stime. Belgio, Germania, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Svezia saranno i paesi Ue che, con le attuali politiche energetico-ambientali, con la cattura e stoccaggio del carbonio e con i meccanismi di Kyoto, raggiungeranno quasi sicuramente i risultati attesi. Austria, Finlandia, Francia e Lussemburgo dovranno aggiungere a quelle suddette, altre misure per rimanere al passo. Mentre Danimarca, Italia e Spagna, nelle previsioni, non riuscirebbero comunque a raggiungere gli obbiettivi, anche se poi l’anno scorso la distanza tra proiezioni e target sì è ridotta, soprattutto per i due paesi latini.
Per la UE-27 (Unione Europea che comprende anche gli ultimi paesi aderenti) le emissioni di gas serra sono calate del 10,8%, rispetto all’anno di riferimento, a fronte di una crescita economica del 3% sul 2005.

L’obiettivo UE del 2020

L‘impegno che si è data l’UE-27, deciso unilateralmente, è quello di ridurre i gas serra del 20% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 ( e del 30% se un altro paese industrializzato si ponesse gli stessi obiettivi o se paesi in via di sviluppo contribuissero alla riduzione, proporzionalmente alle loro possibilità). Si tratta della base di quel pacchetto “Energia e cambiamenti climatici” che oggi è al centro di molte discussioni ed attenzioni. Lo compongono alcuni punti essenziali:

  • migliorare il sistema di scambio di quote di emissione (ETS)
  • definire obiettivi di riduzione per i settori fuori dal sistema ETS come agricoltura, edilizia, trasporti, rifiuti, etc. Entro il 2020 le emissioni che sono comprese nel sistema ETS devono diminuire del 21% rispetto ai livelli del 2005 e quelle non contemplate del 10%, con obiettivi differenziati per i vari Stati membri in base ai livelli relativi attuali o previsti di Pil pro capite
  • obiettivi applicabili per legge volti ad aumentare la quota delle energie rinnovabili nel mix energetico
  • nuova legislazione per Carbon Capture and Storage

Inoltre la Ue ha regolamentato le emissioni degli autoveicoli così da prevedere per il 2012 una soglia di 120g/km per la CO2 (circa il 25% in meno alla media attuale). Agendo anche sulla tipologia dei carburanti e sull’omologazione di modelli meno inquinanti si dovrebbe risparmiare un altro 10% di emissioni. La proiezione indica un abbattimento entro il 2020 di mezzo miliardo di tonnellate di CO2.
Ma, come si vede anche nel grafico 2, per raggiungere tutti questi traguardi la riduzione dovrà procedere molto più rapidamente dal 2012 al 2020, con tagli annuali più consistenti di quelli inizialmente programmati, vale a dire 1000-1500 Mt CO2 eq. E questo significa un impegno supplementare per gli Stati membri che dovranno accelerare la propria attività in tale direzione.

Il periodo 1990-2006

Gran Bretagna e Germania insieme costituiscono un terzo delle emissioni di tutta la UE-27 e al 2006 le avevano ridotte di 339 milioni di tonnellate rispetto al 1990. Questo è avvenuto grazie ad un utilizzo di energie senza emissioni di CO2 come il gas, il nucleare e le fonti rinnovabili.
Seguono Italia e Francia entrambe con un 11% delle emissioni. Per il nostro paese c’è stato un aumento nell’ordine del 10% che è da imputare soprattutto all’autotrasporto, alla raffinazione di petrolio e alla produzione di energia termica ed elettrica. Invece in Francia le emissioni sono scese del 4% sempre sul 1990. Infatti, nonostante anche qui sia aumentata la produzione di CO2, si è registrato un forte calo delle emissioni di N2O provenienti dalla produzione di acido adipico. Nella classifica troviamo quindi la Spagna e la Polonia con circa l’8% di emissioni con la prima che ha aumentato dal 1990 di un 51% le emissioni di CO2 (anche qui autotrasporto, produzione di energia e industria manifatturiera). La Polonia invece ha ridotto le emissioni del 12% nel periodo in esame (anche se in questo caso l’anno di riferimento è il 1988 con quindi un – 29%). Qui, come in altri paesi dell’est-europeo, va considerata la situazione ante ’90, con un’industria pesante scarsamente efficiente ed estremamente inquinante. La riqualificazione industriale negli ultimi dieci anni ha permesso il notevole abbattimento rispetto ai livelli degli anni ’80.
In complesso nell’anno 2006 nella UE erano 10 gli stati che superavano i livelli del 1990 e 15 quelli che ne restavano al di sotto. Agli estremi si collocavano quindi Spagna (+51%) ed Estonia (-49,5%).

2006. Emissioni pro-capite

Introducendo la variante popolazione, occorre però anche considerare lo stile di vita, la conseguente tipologia di consumi energetici, il mix della produzione energetica, i periodi di crescita o di depressione economica, e quindi industriale, connessi ad un consumo maggiore o minore.
Nel 2006 il cittadino UE emetteva in media 10,4 t. CO2 eq. (nella UE-15 10,7 t CO2 eq. con un -0,2 t CO2 eq. sul 2005). Ma se per tutti gli anni ’90 il consumo pro-capite seguiva l’andamento del consumo generale, dal 2000 in poi non è più stato così. Negli Stati dell’UE-15 andava riducendosi (-3,2% tra il 2000 e il 2006), negli Stati dell’est aumentava (+ 4,2%). Aumenti anche in Spagna, in Portogallo, ma anche a Cipro e a Malta, sempre però al di sotto della media UE.
Dai dati che originano il grafico 3, si evince che dal 1993 nell’UE-15 è aumentata la crescita economica, ma parallelamente sono rimaste costanti o sono addirittura diminuite le emissioni di CO2. Inoltre mentre nell’UE-27 il Pil aumentava del 40%, le emissioni calavano del 7,7% (nell’UE-15 il Pil saliva del 39% e le emissioni scendevano del 2,2%).

Emissioni e settori economici

Il comparto della produzione energetica (compreso anche quello dell’autotrasporto che da solo rappresenta circa il 20%) nel 2006 costituiva l’80% delle emissioni generali dell’UE-15. Seguono l’agricoltura con un 9%, quindi i processi industriali con l’8% e infine i rifiuti con il 3%.
Il delta tra il 1990 e il 2006 in questi settori è variamente distribuito: settore energetico (-4%), settore trasporti (+26%), industria (- 12%), agricoltura (- 11%), rifiuti (-39%).

Gli obiettivi per gruppi di Stati membri

Sempre prendendo l’anno di riferimento (il 1990), per l’EU-27 entro il 2010 le emissioni dovranno scendere del 10%, secondo le stime degli stessi Stati membri. La percentuale potrebbe arrivare al 13,4% tenendo conto del ricorso al CCS e ai meccanismi di Kyoto.
L’UE-15 dovrebbe invece diminuire dell’8% sempre entro il 2010, ma per raggiunger questo traguardo (ma anche il – 20% per il 2020) gli Stati dovranno prendere impegni seri e attuare una riduzione delle emissioni almeno dell’11,3%.
L’UE-12 fino al 2010 dovrebbe veder calare le proprie missioni (-28% rispetto al proprio anno di riferimento, più un 2% con misure supplementari). La Slovenia è l’unico paese dell’UE-12 che vuole investire nei meccanismi di Kyoto ed utilizzare, con Polonia e Repubblica Ceca, il CCS.

Il pacchetto “clima-energia”

La politica energetica che l’Europa vuole seguire è regolata da otto misure comuni e coordinate tra gli stati membri. Qui di seguito le indichiamo sinteticamente:

  • direttiva sul sistema di scambio delle quote di emissione
  • direttiva sulle fonti rinnovabili per il settore energetico
  • biocarburanti e accordi con le case automobilistiche
  • direttive sul rendimento energetico degli edifici
  • tassazione energetica
  • cogenerazione
  • meccanismi flessibili di Kyoto

Ma non sono le sole misure che la UE intende mettere in campo per la riduzione delle emissioni. Gli interventi saranno completati anche da:

  • direttiva sulle discariche
  • requisiti di efficienza per le nuove caldaie
  • direttiva sulla prevenzione e la riduzione dell’inquinamento (IPPC)
  • direttiva sull’etichettatura degli elettrodomestici
  • miglioramento dell’efficienza dei motori elettrici industriali

Il livello di abbattimento delle emissioni con tutte le misure fin qui elencate dovrà raggiungere nel 2008 il 94% (appena un punto percentuale in meno sul 2007).

Ecco comunque la versione integrale del pacchetto “Energia e cambiamenti climatici”, varato a gennaio 2008 che tanto ha fatto discutere in queste settimane e su cui si appuntano le speranze di chiunque, politico o cittadino europeo, desideri porre fine al pericolo del ”global warming” e del “climate change”.

1) sistema ETS comunitario: una proposta legislativa finalizzata ad estendere, rafforzare e migliorare il funzionamento del sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dopo il 2012

2) condivisione degli oneri: una proposta legislativa che definisce il quadro per gli impegni nazionali di riduzione delle emissioni al di fuori dell’ambito di applicazione del sistema ETS comunitario

3) fonti rinnovabili: una proposta legislativa volta ad aumentare fino al 20% la percentuale di fonti rinnovabili nel consumo energetico finale dell’UE entro il 2020 e quella dei biocarburanti nei trasporti fino al 10%

4) CCS: politiche finalizzate a promuovere progetti di dimostrazione per la cattura e lo stoccaggio geologico del carbonio, compresa una proposta legislativa volta a definirne il quadro normativo.

Il pacchetto prevede inoltre altri importanti sviluppi

5) settore aereo: proposta legislativa adottata dal Parlamento europeo l’8 luglio 2008 che include il settore aereo nel sistema ETS comunitario. Si stima che, in totale, verranno risparmiati 183 milioni di tonnellate di CO2 l’anno sui voli che rientrano nel sistema, con una riduzione del 46% entro il 2020 rispetto ad una situazione di status quo

6) gas fluorurati: adozione di un regolamento e di una direttiva (luglio 2006) per limitare le emissioni di gas fluorurati, compresi quelli emessi dagli impianti di condizionamento delle auto. L’effetto previsto di questi due strumenti entro il 2020 sarà di circa 40-50 Mt CO2 eq. l’anno con tutti i benefici derivanti dall’eliminazione graduale dell’HFC-134 dagli impianti di condizionamento

7) CO2 e autovetture: comunicazione del febbraio 2007 che definisce la strategia per la riduzione delle emissioni e proposta legislativa del dicembre 2007 che fissa le norme per le emissioni di CO2 delle autovetture

8) carburanti utilizzati per i trasporti: proposta legislativa del gennaio 2007 finalizzata a riesaminare la direttiva sulla qualità dei carburanti, comprendente obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra associate alla produzione di benzina e diesel

9) efficienza energetica: piano d’azione per l’efficienza energetica dell’ottobre 2006 che definisce 10 azioni prioritarie per ottenere un risparmio energetico del 20% entro il 2020

10) ricerca: piano strategico per le tecnologie energetiche (Piano SET) del novembre 2007, finalizzato principalmente ad accelerare lo sviluppo e l’applicazione delle tecnologie a basse emissioni di carbonio quale elemento fondamentale per conseguire gli obiettivi fissati in materia di energia e cambiamenti climatici

Sistema UE di scambio delle quote di emissione (ETS)

Le emissioni provenienti da impianti partecipanti al sistema ETS nell’UE-27 nel 2007 era di 2,050 miliardi di tonnellate di CO2, ossia un + 0,8% rispetto ai 2,034 miliardi di tonnellate del 2006.
Il sistema prevede due periodi: uno dal 2005 al 2007 in cui si sono contati oltre 10.500 impianti partecipanti che hanno ricevuto quote per 2155 Mt C2/anno, emettendo in media un -3%. Le emissioni verificate sono risultate superiori alle quote assegnate solo in sei Stati membri (Austria, Irlanda, Italia, Regno Unito, Slovenia e Spagna).
Nel secondo periodo, dal 2008 al 2012, in seguito all’analisi dei piani nazionali di assegnazione, il livello massimo fissato è di 2,08 miliardi (10,4% pari a 243 Mt CO2). Con questo si realizza una diminuzione media su quelle del 2005-2007 del 6%
Considerando le quote totali di 23 Stati membri la riduzione media effettiva si attesta sul 12,7%. Solo a quattro Stati membri, Danimarca, Francia, Regno Unito e Slovenia sono stati approvati i piani senza alcuna riduzione.

I meccanismi di Kyoto

Sono tredici gli Stati membri che hanno aggiornato oppure confermato le informazioni in merito all’utilizzo che intendono fare dei meccanismi di Kyoto nel 2008, rispondendo ad un questionario nell’ambito della decisione sul meccanismo UE di monitoraggio dei gas serra.

Dieci Stati membri dell’UE-15 più la Slovenia hanno deciso di ricorrere ai meccanismi di Kyoto per conseguire i propri obiettivi di riduzione. Nel totale questi Stati membri dell’UE-15 dovrebbero acquisire, nel primo periodo d’impegno previsto dal protocollo di Kyoto, 126,5 Mt CO2 l’anno, per raggiungere gli obiettivi, pari a circa 3 punti percentuali rispetto all’obiettivo di Kyoto (-8%).

Gli 11 Stati membri hanno deciso di investire circa 2,95 miliardi di euro per acquistare “unità di Kyoto” tramite i meccanismi dell’attuazione congiunta, del meccanismo di sviluppo pulito o degli scambi di emissioni. Invece Austria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna hanno preventivato gli stanziamenti più ingenti cioè rispettivamente, 531 milioni di euro, 400 milioni di euro, 505 milioni di euro, 354 milioni di euro e 384 milioni di euro per l’intera durata dell’impegno (cinque anni).

Assorbimento del carbonio

Non tutti gli Stati membri dipongono di dati, solo undici hanno presentato delle stime precise per quanto riguarda l’attività di forestazione e riforestazione che dovrebbe raggiungere un taglio di 23,9 Mt CO2. Altre attività previste sempre dal protocollo potrebbero contribuire a tagliare altre 25,7 Mt CO2/anno. Al calcolo mancano i dati della Spagna e altre voci che sommate alle altre porterebbero ad una riduzione di 57, 7 Mt CO2/anno per l’Ue-15.

fonte: rinnovabili.it

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