venerdì 12 ottobre 2007

Scorie,presto il sito unico

Il ministro Bersani ha annunciato che entro sei mesi sarà individuato un sito dove realizzare il deposito unico nazionale. Presto un tavolo di concertazione. Per Pecoraro Scanio «l'importante è trovare soluzioni condivise»
Si riapre il caso dello smaltimento delle scorie radioattive italiane. Il ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani, al termine della prima riunione sul tema con le Regioni, ha annunciato che entro sei mesi sarà individuato un sito dove realizzare il deposito unico nazionale, che dovrà occuparsi del trattamento di 90mila metri cubi di rifiuti radioattivi. A breve sarà costituito un tavolo di lavoro misto (ministero, Apat, Enea, Regioni) che avrà il supporto della Sogin, la società costituita nel '99 per la gestione del post nucleare in Italia.

Il metodo “dialogante” è piaciuto anche al ministro per l'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che ha definito "utile" la scelta di coinvolgere da subito le Regioni. L'importante, ha chiarito, è «trovare soluzioni condivise», altrimenti si rischia di innescare un secondo caso Scanzano, quando cittadini e ambientalisti scatenarono una dura battaglia per impedire la realizzazione di un deposito (geologico, e non di superficie) nella località lucana. E la spuntarono.

In gioco, non c'è una ripresa della produzione di energia dall'atomo, che l'Italia ha utilizzato tra gli anni '60 e la fine degli '80 per poi abbandonarla nel 1987, un anno dopo Chernobyl, con un referendum che mobilitò l'opinione pubblica. Un’ipotesi del genere oggi sarebbe antieconomica, come ha più volte rimarcato lo stesso Bersani, che ieri ha ribadito la posizione in merito dell’Esecutivo: «Il governo non ritiene pensabile l'avvio di un piano per la produzione di energia da fonte nucleare».

Quello che invece è prioritario è «mettere in sicurezza le scorie» individuando un sito unico, come hanno fatto anche gli altri paesi europei. Da trattare ci sono 65mila metri cubi di scorie provenienti dallo smantellamento delle centrali nucleari e 25mila già stoccati nei diversi siti nazionali. Mantenere un deposito temporaneo di rifiuti radioattivi negli attuali siti nucleari, quelli dei reattori dismessi dopo il referendum, significherebbe avere 20 depositi in 11 regioni. La strada che si vuole imboccare è un'altra: realizzare un sito di superficie per le scorie di seconda e terza categoria (le prime decadono in decine di anni e alcuni secoli, le seconde in alcuni millenni) che sia anche centro di ricerca. Perché la ricerca sul nucleare “pulito” di nuova generazione resta un asse portante.

Anche per l'amministratore delegato della Sogin Massimo Romano «un deposito nazionale di superficie è essenziale sia per portare a conclusione» lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi sia «per far fronte agli impegni internazionali». Dalla decisione del precedente governo di inviare all'estero parte delle scorie e sottoporle a un trattamento di “depurazione” da uranio e plutonio, è scaturita infatti un'intesa con Parigi e la francese Areva si occuperà del cosiddetto riprocessamento. Ma entro il 2025 i rifiuti dovranno rientrare in Italia e per quella data solo in apparenza lontana bisognerà essere pronti.

fonte: lanuovaecologia.it

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