Si stanno liberando oltre 10mila giga-tonnellate di metano ghiacciato intrappolato nel permafrost e sul fondo degli oceani
Quando si gioca con le provette si rischia che possano scoppiare. E l'atmosfera è una immensa provetta in cui noi abbiamo immesso scriteriatamente ogni sorta di gas. Da tempo si è gridato sul rischio di superare il punto di non ritorno ed ora c'è il timore reale che stia per cadere la classica goccia che farà traboccare il vaso.
L'ultimo allarme viene dagli studiosi russi secondo i quali milioni di tonnellate di metano si apprestano a finire nell'atmosfera. Questo gas serra trattiene il calore nell'atmosfera 21 volte più di quanto faccia l'anidride carbonica.
La notizia è stata pubblicata dal giornale inglese «Independent». Un'équipe di scienziati ha rilevato concentrazioni estremamente alte (a volte 100 volte superiori ai livelli normali) di metano in diverse aree di parecchie migliaia di chilometri quadrati della Siberia. Il processo di scioglimento dei ghiacci e del permafrost è così rapido che i ricercatori hanno visto il mare ribollire a causa del gas.
Questo processo sarebbe l'inizio di una autentica catastrofe perché la fuoruscita di metano accelererebbe esponenzialmente il surriscaldamento globale provocando a sua volta lo scioglimento di altro permafrost e di conseguenza liberando nell'atmosfera altro metano ancora. E il processo sarebbe inarrestabile.
Questa eventualità, in realtà, era stata già stata paventata recentemente da uno studio condotto dal geologo americano Martin Kennedy e pubblicato su «Nature». «Secondo Kennedy – si legge in un articolo pubblicato a luglio da «Quale Energia» – se la terra 635 milioni di anni fa si è trasformata dalla palla di neve e ghiaccio che era in un pianeta abitabile, lo si dovrebbe proprio a una grande fuga di metano dai ghiacci che allora si estendevano fino all'equatore. Una immissione di gas in atmosfera che avrebbe scatenato effetti a catena: il metano rilasciato avrebbe fatto salire la temperatura, facendo sciogliere ulteriormente i ghiacci e causando così il rilascio di altro gas».
Per il geologo americano si tratterebbe di oltre 10mila giga-tonnellate di metano ghiacciato intrappolato nel permafrost e sul fondo degli oceani da cui potrebbero sfuggire ingenti quantità di gas. Gli effetti sul clima sarebbero catastrofici: il rilascio di metano secondo Kennedy potrebbe riscaldare la Terra di decine di gradi e il fenomeno potrebbe avere tempi molto rapidi, anche al di sotto del secolo.
E un'altra studiosa russa aveva già lanciato l'allarme sostenendo che il fenomeno era già incorso: la biochimica russa Natalia Shakhova, presentate lo scorso aprile in una conferenza dell'Unione europea di Geoscienze, aveva trovato sopra la foce del fiume Lena, in Siberia, concentrazioni di metano 5 volte più alte della media.
Ed anche Katey Walter, ricercatrice della University of Alaska, in uno studio recente ha rilevato come il rilascio di metano in atmosfera dall'Artico, dopo 9mila anni di rallentamento, nell'ultimo secolo ha ripreso ad accelerare e tornerà probabilmente a superare i livelli di 11mila anni fa. In un territorio di circa 999mila chilometri quadrati in Siberia, riporta la Walter, ci sono circa 55 miliardi di tonnellate di metano congelato: 10 volte la quantità attualmente presente in atmosfera.
Ciò che fa più paura è che negli attuali scenari per il nostro futuro, già di per sé raccapriccianti, questa eventualità non è presente. Che sia una soluzione estrarre il metano prima che vada in atmosfera?
fonte: vglobale.it
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giovedì 25 settembre 2008
Allarme metano – Dall'Artico il colpo di grazia all'effetto serra
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1 commento:
bel post
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