sabato 13 dicembre 2008

Biodiesel dal cappuccino

Non sarebbe meraviglioso la mattina accendere la propria auto a biocarburanti e rilasciare per le strade della città un intenso profumo di moka, magari aroma robusto? A questo devono aver pensato alcuni ricercatori dell'University of Nevada (Usa) quando hanno deciso di capire se era possibile usare gli scarti di caffè per produrre biodiesel. Una risorsa economica – questo era il ragionamento - diffusa a livello globale ed ecologicamente sostenibile, anzi, un materiale usualmente gettato nell'immondizia, che diventa un aromatico carburante di auto e camion. Esaltazione da troppa caffeina?

BIODIESEL DAI FONDI DI CAFFE' - In realtà, alla fine, come testimoniato da un recente studio pubblicato dall'American Chemical Society , ci sono riusciti. I ricercatori dell'università americana hanno utilizzato gli scarti di una grossa catena di caffetterie Usa, e ne hanno estratto dell'olio, in una quantità che va dall'11 al 20 per cento. Dopodiché lo hanno convertito tutto in biodiesel. Il carburante risultante, che profuma realmente di espresso, ha anche dimostrato di essere più stabile del biodiesel tradizionale, mentre i resti solidi avanzati possono a loro volta essere trasformati in etanolo, oppure diventare compost per gli orti. Secondo gli studiosi del Nevada – che stanno già costruendo un impianto di produzione pilota - i fondi di caffè mondiali potrebbero generare oltre mille milioni di litri di biodiesel e, solo negli Stati Uniti, 8 milioni di dollari all'anno di profitti.

TRA POLEMICHE E RICERCA - Quello dei biocarburanti è del resto un mercato in forte espansione, e a questo proposito non sono mancate le polemiche. Fino ad oggi infatti sono stati ricavati per lo più da colture tradizionali, usate in agricoltura per fini alimentari. L'etanolo – sostituto della benzina – si produce usando mais, canna da zucchero e barbabietola; il biodiesel – che rimpiazza il gasolio – sfrutta invece l'olio di palma, soia e colza. Tutto questo ha contribuito negli ultimi anni a far impennare il prezzo dei cereali e degli olii vegetali, tanto che la stessa Fao, l'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura, ne ha stigmatizzato l'utilizzo. Anche perché tutte queste colture richiedono grandi quantità di acqua e fertilizzanti. Per questo la frontiera della ricerca sui biocarburanti si è spostata su colture e sostanze non alimentari: microalghe, batteri, funghi, ma anche l'olio delle fritture. Ora è arrivato il turno dei fondi di caffé. Usati un tempo per leggere il futuro, oggi finiscono con l'incarnarlo.

fonte: corriere.it

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