Frattini ha parlato di "passi avanti" rispetto alle proposte iniziali e ha annunciato che entro mercoledì la Francia, presidente di turno dell'Ue, presenterà una nuova bozza di compromesso. E da lì partiranno i negoziati dei leader europei sul dossier climatico, il pacchetto chiamato a dare seguito al Protocollo di Kyoto, che scade nel 2012, con un impegno Ue a ridurre le emissioni di Co2 del 20% entro il 2020, ad aumentare efficienza energetica e incidenza delle fonti rinnovabili entro lo stesso anno. "Sono stati fatti passi avanti - ha detto il titolare dell Farnesina - ma l'Italia non è ancora soddisfatta. Ci sono alcune richieste imprescindibili e visto che il testo dovrà passare all'unanimità le difenderemo".
Tra queste la possibilità di rivedere l'intera strategia nel caso di fallimento del negoziato mondiale sul post-Kyoto del prossimo anno e la difesa del comparto manifatturiero dall'ineluttabile delocalizzazione in caso di fallimento dei negoziati planetari. Roma chiede anche di sfilare alcuni settori, tra cui il termoelettrico, dal sistema di quote per inquinare a pagamento. "Con un po' di buona volontà si potrà trovare un compromesso - ha concluso Frattini - ma senza i nostri punti non potremo dare via libera".
Sulla stessa linea Claudio Scajola, ministro per lo sviluppo economico, anch'egli a Bruxelles per preparare il vertice Ue. Dopo aver enfatizzato "gli enormi passi avanti" fatti fin qui, Scajola ha annunciato che l'Italia ha ottenuto una clausola di revisioni sulle rinnovabili. In breve: entro il 2020 l'Ue dovrà portarle al 20% del proprio mix energetico (per l'Italia la quota è 17%), ma nel 2014 ci sarà un rapporto della Commissione Ue sui progressi fatti dai singoli paesi e, nel caso di ritardi, una ridiscussione su come centrare gli obiettivi. Insomma, l'Italia, che parte da un misero 5%, spera di poter avere una serie di facilitazioni per raggiungere il traguardo in tempo utile.
Ma nella truppa degli scontenti non c'è solo il governo italiano. Si negozia con i paesi dell'Est Europa, guidati dalla Polonia, che chiedono un fondo di solidarietà per auitare le loro industrie a carbone ad essere ammodernate. La Francia ci sta, ma alcuni governi, come quello britannico, si oppongono. E oggi ha fatto sentire la sua voce anche Angela Merkel: madrina del pacchetto, lanciato proprio durante la presidenza tedesca dell'Ue dello scorso anno, in un'intervista alla Bild ha detto che non appoggerà una strategia che possa mettere a rischio l'occupazione tedesca. La richiesta è di sfilare l'indutria pesante dal sistema delle quote.
fonte: repubblica.it




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