mercoledì 21 ottobre 2009

Acque avvelenate, pesca proibita Ma il divieto viene ritirato

Arsenico e cobalto in quantità tali da "superare il valore di concentrazione delle soglie di contaminazione nei sedimenti marini" e "un valore molto alto per l'alluminio e i valori del cromo". Sono questi i motivi per cui il 18 aprile del 2007 la Capitaneria di Porto di Cetraro vietò la pesca nel mare antistante il Comune calabrese. E' scritto nell'ordinanza n 3 del 2007 firmata dall'allora comandante Sergio Mingrone. I campionamenti erano stati predisposti l'anno precedente dalla Procura di Paola ad una profondità compresa tra i 370 metri e i 450 metri nelle acque di Belvedere Marittimo e di Cetraro. Ed erano arrivati all'attenzione del Ministero dell'Ambiente. Le acque sono le stesse dove oggi si effettua il monitoraggio di quello che potrebbe essere il relitto della Kunsky, la nave che, secondo il pentito di 'ndrangheta Fonti, sarebbe carica di veleni.

L'ordinanza della Capitaneria di porto ebbe vita breve. Un anno e quattro mesi dopo la sua emanazione venne ritirata. Effetto di una riunione che si svolse il 7 agosto 2008 sempre presso la Capitaneria alla quale parteciparono i rappresentanti dell'Asl di Paola, della Provincia di Cosenza, dell'Arpacal, due addetti della polizia giudiziaria ambiente della Procura. Grandi assenti invece la Regione Calabria e i sindaci dei Comuni costieri: Cetraro, Belvedere, Acquappesa, Guardia e Sangineto. In quell'occasione si stabilì che le sostanze inquinanti individuate solo un anno prima, o non erano più presenti in acqua o non erano più nocive. Il giallo dell'ordinanza è solo un altro tassello di un puzzle complicato che riguarda i rifiuti tossici stoccati illegalmente in Calabria. E non solo quelli che potrebbero essere nascosti nel relitto della "presunta" Kunsky. La caccia ai rifiuti infatti prosegue anche a terra. Tre sono i siti nel mirino della Procura di Paola. Si trovano tutti ad Amantea - Serra d'Aiello nei pressi del torrente Oliva, dove si inspiaggiò nel '90 la nave Jolly Rosso. Riguardano un torrente dove è stata già rilevata la presenza di mercurio, metalli pesanti, non radioattivi; una collina di 40 - 50 mila metri cubi di terra dove è stato trovato mercurio a concentrazione altissima e cesio 137. E, infine, una cava. Una situazione esplosiva che i sindaci della costa tirrenica calabrese vogliono sia ben indagata dal governo. Proprio ieri, a palazzo Chigi, una delegazione capitanata dall'assessore all'ambiente della Regione Calabria, Silvio Greco, ha protestato con il sottosegretario Roberto Menia.

fonte: repubblica.it

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