martedì 6 ottobre 2009

Nucleare iraniano e non solo

La notizia, riportata dal New York Times, circa un rapporto riservato dei tecnici dell'Agenzia internazionale per l'energia Atomica (AIEA) sulla possibilità che l'Iran sia già in possesso di "sufficienti informazioni per essere in grado di progettare e produrre una bomba atomica funzionante" , ha introdotto non poche ombre su uno scenario che i recenti colloqui di Ginevra avevano invece rasserenato.
Assistiamo da tempo , a proposito dello stato dell'arte sull'arricchimento dell'uranio di Teheran , ad uno stop and go di notizie, spesso contraddittorie, fornite dalle intelligence dei diversi paesi: i servizi d'Israele, Gran Bretagna, Francia e Germania sostengono che la miniaturizzazione dell'uranio per le testate missilistiche è quasi raggiunta,quelli degli Stati Uniti invece tendono a posticiparla di due o tre anni.

Singolare che la notizia -un deterrente per la trattativa in corso - appaia proprio mentre El Baradei (che dell'AIEA è ancora il direttore generale) è appena volato a Teheran per preparare la visita degli ispettori dell'Onu ai nuovi impianti di Qom, secondo quanto stabilito a Ginevra lo scorso primo ottobre.

Vale la pena ricordare che sul nucleare militare la presidenza Obama ha sbloccato un contenzioso che rischiava d'incancrenirsi con rilevanti rischi per la stabilità globale.

In questo senso il passaggio dalla precedente fase muscolare delle politica estera unilaterale di Bush a quella diplomatica dell'attuale presidente, è sottolineato da parole e atti di forte impatto simbolico. In rapida sintesi : il disarmo nucleare non solo costituiva un punto importante del suo programma elettorale ma - insieme alla proposta di dialogo col mondo islamico - è stato parte integrante ed efficace del suo discorso d'insediamento ; l'argomento è stato ripreso con determinazione durante il vertice di Praga dello scorso aprile,nel primo viaggio ufficiale di Obama in Europa; e poi al Consiglio di Sicurezza dell'ONU da lui presieduto ( e anche questa è una novità simbolica di non poco conto) il presidente Usa ha ribadito,dieci giorni fa, che "..non dobbiamo fermarci finché il mondo non sarà libero da armi nucleari!"

In questo clima mutato è stato possibile un esito positivo - non scontato - dei colloqui di Ginevra tra i 5 + 1 (i paesi del consiglio di sicurezza:Stati Uniti,Russia,Cina,Gran Bretagna,Francia più la Germania) e l'Iran.
Non solo : a lato dei colloqui ufficiali,si è verificato per la prima volta da trent'anni un faccia a faccia diretto tra esponenti Usa e diplomatici iraniani (avvenimento smentito dall'Iran probabilmente per problemi interni). E' stata anche la prima volta che Washington ha accettato di discutere con Teheran dell'argomento senza precondizioni.
I risultati concreti di Ginevra sono che l'Iran ha invitato l'AIEA ad ispezionare tutti i siti fornendone progetti e documentazione . Di più: è stata espressa la disponibilità di Teheran a trasferire la maggior parte delle operazioni per l'arricchimento dell'uranio per uso civile in Russia e quelle per la trasformazione in combustibile in Francia (tutto questo dovrà essere ratificato il prossimo 18 ottobre).

In cambio , oltre al via internazionale per la costruzione di centrali nucleari civili e all'ammorbidimento delle attuali sanzioni, l'Iran dovrebbe ottenere l'ingresso nel WTO e soprattutto il riconoscimento dei suoi diritti di stato sovrano e del ruolo di Teheran come potenza regionale. Quest'ultimo è un obbiettivo molto ambito dall'Iran che dovrebbe essere accompagnato dall'assunzione di responsabilità sull' alleggerimento delle tensioni nelle zone più instabili (dall'Iraq all'Afghanistan, dal Libano a Gaza).

Il rischio di fallimento del negoziato in corso porterebbe ad un ulteriore inasprimento delle attuali sanzioni,che fin'ora consistono in restrizioni finanziarie e commerciali. Questo potrebbe significare un duro embargo - nel golfo Persico la flotta Usa la fa da padrone - delle indispensabili importazioni di petrolio raffinato. Perché il drammatico paradosso in cui si muove Teheran è che pur essendo uno dei paesi del mondo con le maggiori risorse energetiche, manca di una capacità di raffinazione adeguata alle sue necessità , per via di una pluridecennale mancanza d'investimenti nel settore( l'arricchimento dell'uranio riguarda anche questo tema).

Lo scenario del possibile inasprimento delle sanzioni è ulteriormente complicato dai diversi interessi geopolitici delle grandi potenze. Disponibili in questo senso oltre agli Usa e Israele anche quasi tutta l'Europa ; meno propense Russia e Cina , favorevoli al ruolo di contenimento che l'Iran ha agito finora nei confronti della longa manus Usa in Afghanistan e Iraq.

Ancora : la Cina riceve da Teheran il 15% delle sue importazioni energetiche complessive e non intende rinunciarvi in una fase di suo sviluppo galoppante. La Russia,che da anni osteggia l'inasprimento delle sanzioni, potrebbe cambiare avviso condizionata dalla politica di Obama sull'abbandono delle installazioni per lo scudo antimissile in Polonia e repubblica Ceca.

Risulta chiaro che l'opzione da perseguire nel breve periodo è "freeze to freeze" (congelamento delle sanzioni dietro congelamento dei programmi militari nucleari) anche se l'Iran rilancia avanzando un pacchetto di proposte per il disarmo nucleare globale.

Su questo stesso tema diventano fondamentali le prossime scadenze: a dicembre Usa e Russia discuteranno della riduzione dei rispettivi arsenali nucleari ; nel 2010 poi , scade il riesame del Trattato di non proliferazione . Sarebbe opportuno che in quella sede si affrontasse finalmente il tema dei circa 400 ordigni nucleari israeliani, per perseguire l'obbiettivo di un disarmo nucleare generalizzato dell'intera grande regione Medio Orientale.

E' evidente che la creazione di zone militarmente denuclearizzate sarebbe un primo sostanziale passo verso il disarmo mondiale: l'Unione Europea con una sua risoluzione del giugno 2008 ha sostenuto che occorrono iniziative che impegnino i paesi del Consiglio di Sicurezza ad una convenzione universale per la messa al bando delle armi nucleari e per rendere l'Europa regione denuclearizzata. Per questo è importante che i circa 200 ordigni nucleari Usa tuttora detenuti in Europa (di cui 50 nella base di Aviano) vengano al più presto riconsegnati al mittente.

fonte: greenreport.it

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