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Montagne di milioni di computer, televisori e cellulari buttati nei rifiuti ogni anno, in tutto il mondo finiscono nel nulla. Solo nell'Unione europea, nonostante le norme in materia, non si conosce il destino del 75% di prodotti elettrici ed elettronici, che includono anche gli elettrodomestici. Un rischio per la salute e per l'ambiente, vistoche questi "scarti" tecnologici possono contenere sostanze come metalli pesanti tossici, come piombo, mercurio, cadmio, berillio, composti chimici pericolosi, come i ritardanti di fiamma bromurati e la plastica in Pvc. Queste le conclusioni del rapporto "Toxic-Tech: non nel nostro cortile" lanciato oggi a livello globale da Greenpeace. Secondo una stima del rapporto, nel 2006 sono stati venduti pc, cellulari e televisioni per un peso di 7.259.000 tonnellate, con un totale di rifiuti previsto al 2010 di 5.504.737 tonnellate e di oltre 9 milioni nel 2016. Le stime dell'Onu sono di 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici prodotti ogni anno, che comprendono più del 5% di tutti i rifiuti solidi urbani nel mondo. Secondo Greenpeace una parte di questi è ancora nelle case, altri vengono smaltiti in discarica o inceneriti, una buona parte esportata, spesso illegalmente, per finire in discariche incontrollate in Africa oppure a riciclatori clandestini in Asia. Insomma, mentre la quantità di computer, televisori e cellulari cresce in modo rapido, il loro riutilizzo, riciclaggio e recupero non procede alla stessa velocità. Il "flusso nascosto" di questi scarti nella Ue è di circa 6,6 milioni di tonnellate l'anno, sugli 8,7 milioni di tonnellate prodotti stimati nei 27 Paesi, con un 25% circa di recupero. Negli Usa invece il "flusso nascosto" sarebbe addirittura superiore all'80%, dove computer e tv vengono riciclati rispettivamente solo nel 10% e nel 14% dei casi. Mentre in India i flussi nascosti sono stimati oltre il 99%. A livello globale, secondo Greenpeace, per quattro grandi produttori di computer che hanno già adottato misure di ritiro e riciclo dei beni a fine vita, indicano che solo il 10% circa dei loro prodotti vengono recuperati, mentre nel caso de cellulari la stima scende al 2-3%. "Per questo i produttori devono aumentare il loro impegno per raccogliere e trattare gli scarti correttamente" afferma Vittoria Polidori, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace, sia con "programmi volontari di ritiro dei prodotti in disuso", sia rimuovendo "le sostanze pericolose dai propri articoli". fonte: lanuovaecologia.it |
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lunedì 25 febbraio 2008
Rifiuti fantasma
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