mercoledì 13 febbraio 2008

Gennaio più freddo degli ultimi 20 anni

Anche se gli allarmi sui cambiamenti climatici trovano sempre nuove conferme, il 2008 è iniziato, a livello globale, con temperature da grande freddo. Dopo le cronache “da brividi” rimbalzate dalla Cina all’Afghanistan, dal Medio Oriente al Canada, arriva infatti il timbro dei numeri ufficiali: il gennaio appena trascorso ha segnato un brusco stop al riscaldamento climatico del nostro Pianeta. Lo dicono gli ultimi dati della Nasa, che tramite la rete di stazioni disseminate sul globo monitora quotidianamente il trend delle temperature e degli altri indici climatici. Già le prime reanalisi (dati ufficiosi) avevano messo in subbuglio studiosi e meteorologi, descrivendo incredibilmente quello concluso come un mese di “global cooling” con l’emisfero nord a -0,037° e quello sud a -0,102° rispetto alla media trentennale.

MESE PIU' FREDDO DAL 1989 - Ora arrivano i consuntivi Nasa e Ncdc (l’americano National Climatic Data Center, il più grande archivio al mondo di dati meteo, ndr) e correggono di poco il tiro: gennaio 2008 risulta il più freddo dal 1989 nell'indice terre/oceani, con un'anomalia di appena +0.12°C dalla media 1951-1980. Insomma, il gennaio più freddo dal 1982 sulle terre emerse sia a livello globale che nell’emisfero Nord, da sempre vero “termometro impazzito” del global warming. Dati sorprendenti, che fanno eco alle notizie di gelo storico da mezzo mondo: la peggiore ondata di freddo dell’ultimo trentennio in Cina e Mongolia, eventi secolari come le nevicate a Bagdad e in Pakistan, il freddo polare nello Yukon canadese con minime stabilmente sotto i -50°.

DA UN'ESTATE TORRIDA ALL'INVERNO GELIDO - Insomma, altra storia rispetto al gennaio del 2007 quando la cappa di caldo anomalo aveva spinto qualcuno a profetizzare la scomparsa dell’inverno. Quel che più stupisce è la velocità del cambio di marcia: appena l’estate scorsa lo scioglimento record della calotta polare artica aveva consentito la riapertura del mitico passaggio a nord-ovest, gettando ombre pesanti sul futuro dell’ecosistema boreale. Sei mesi dopo, è tornato il freddo e la superficie della calotta sfiora la media storica, circa 14 milioni di km2, mentre la copertura nevosa nel nord emisfero appare addirittura sopra la norma.

LE IPOTESI - Ma quali i motivi di questo vistoso balzo all'indietro delle temperature mondiali? La tesi più accreditata attribuisce il merito del raffreddamento a un concorso di cause: la forza della Nina nel Pacifico, il periodico minimo dell’attività solare che secondo alcuni studi contribuirebbe a far scendere la febbre del Pianeta, e la presenza di un possente anticiclone termico sulla Siberia che ha “pompato” aria fredda verso le medie latitudini (e paradossalmente l’unica zona al riparo e più calda del normale è stata l’Europa Occidentale, storico bersaglio del gelo russo). Pesa soprattutto il fenomeno della Nina, tornata ai livelli del periodo 1999-2001, mentre gli anni tra il 2002 ed il 2007 sono stati quasi per intero dominati dal suo gemello, El Nino. Il raffreddamento delle acque superficiali nell'Oceano Pacifico Equatoriale ha trascinato verso il basso le temperature globali, ma non può essere l’unico fattore. E stavolta non ci si può neppure appellare a eventi vulcanici come l’eruzione del Pinatubo nel 1991, che raffreddò la Terra grazie alle ceneri immesse nell'atmosfera. Certo, se il trend di gennaio dovesse proseguire (e l’esordio di febbraio sembra confermarlo) il mondo potrebbe tornare ai livelli termici di 10 anni fa. Una svolta che contribuirebbe a riaccendere le discussioni sulle origini (naturali o antropiche) del global warming. Saranno i prossimi mesi a dirci se quella dell’inverno 2008 è stata solo una pausa di assestamento oppure l’inizio di un’inversione di tendenza.

fonte: corriere.it

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