venerdì 8 febbraio 2008

Lavoro domenicale effettuato dopo il sesto giorno di lavoro consecutivo

Con sentenza del 4 febbraio 2008, n. 2610, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che la prestazione effettuata il settimo giorno consecutivo con riposo compensativo è una prestazione particolarmente onerosa che impone uno specifico compenso oltre a quello spettante per il lavoro prestato di domenica, e non si può esaurire con un giorno di riposo dopo il settimo giorno consecutivo di lavoro.
Tale compenso, che ha natura di retribuzione dell’onerosità di tale prestazione, può essere espressamente previsto dal CCNL applicabile. Nel caso non fosse previsto dal CCNL, il giudice può determinarne la misura riferendosi per esempio ad istituti simili come il lavoro domenicale.

Fatto e diritto
Dodici dipendenti hanno chiesto al giudice la condanna della Società al pagamento di differenze retributive per circa 4 anni quale compenso di lavoro straordinario effettuato oltre il sesto giorno consecutivo di prestazione lavorativa (cioè prestato di domenica).
Il Tribunale respingeva la richiesta in quanto la prestazione di lavoro in giorno domenicale con fruizione del riposo settimanale dopo sette giorni non è contraria alla normativa legale e contrattuale in base a quanto previsto dall'art. 5 della L: 22 febbraio 1934 n. 370 (applicabile anche ai dipendenti di aziende giornalistiche e similari) ed è coerente con l’art. 36 della Costituzione (in cui la cadenza del settimo giorno - che contiene un principio di normale periodicità del riposo settimanale dopo sei giorni lavorativi - non esclude un'articolazione del riposo differenziata in relazione a peculiari attività) e con la norma collettiva.
Per il Tribunale, poi, tale prestazione lavorativa non costituisce lavoro straordinario in quanto il CCNL, facendo riferimento al limite fissato (6 ore giornaliere), esclude la possibilità di qualificare come straordinario il lavoro prestato nel settimo giorno consecutivo.
In altre parole, tale prestazione lavorativa non può essere compensata attraverso un'obbligazione indennitaria a carico del datore e fondata su un preteso pregiudizio subito dal lavoratore per aver prestato lavoro in un giorno normalmente destinato al riposo.
Lo slittamento del riposo in giorni diversi costituisce un effetto diretto della particolare modalità di svolgimento della prestazione lavorativa in contratto.
Dunque, in presenza di un'esplicita previsione nel contratto collettivo di particolari modalità di svolgimento della prestazione che ne comportino la protrazione oltre il sesto giorno, deve presumersi che le parti collettive ne abbiano tenuto conto anche in sede di determinazione del trattamento economico, il quale è da ritenere integralmente remunerativo anche di tali prestazioni, pur in difetto d'un espresso specifico compenso.
È a carico del lavoratore dedurre elementi di fatto che consentano di accertare l'eventuale insufficienza di questo compenso.
A questo punto i lavoratori hanno presentato ricorso in Cassazione

La decisione della Cassazione
Per la Cassazione la difesa ha portato numerose argomentazioni a sostegno peraltro in parte accolte, anche se la necessità di cicli lavorativi che determinino la protrazione della prestazione lavorativa anche nel settimo giorno è normativamente riconosciuta (lo stesso art. 36 Costituzione).
Però, nel caso di protrazione del lavoro oltre il sesto giorno, tale «sofferenza» del lavoratore esige tuttavia un compenso normativamente giustificato dal citato art. 36 Cost.:
Bisogna, dunque, distinguere da una parte la legittimità della protrazione della prestazione lavorativa oltre il sesto giorno consecutivo; dall’altra la necessità d'un compenso del lavoro prestato oltre questo limite temporale.
Per la Cassazione, «il lavoratore che, prestando la propria opera di domenica usufruisca del giorno di riposo dopo sette (o più) giorni di lavoro continuo, ha diritto per il lavoro prestato nel settimo giorno ad un ulteriore compenso, oltre a quello percepito per il lavoro festivo, salvo che la disciplina contrattuale non preveda indennità o benefici destinati a compensare la maggiore penosità sia del lavoro domenicale che di quello prestato oltre il sesto giorno”.
Tale particolare retribuzione può essere prevista dalla stessa norma collettiva e, se la norma collettiva non lo prevede, il compenso specifico deve essere determinato dal giudice, attraverso integrazione della norma (che, avendo per oggetto la specificazione delle legittime «conseguenze» del contratto, ha il suo fondamento nell'art. 1374 cod. civ.), sulla base d'una motivata valutazione che tenga conto dell'onerosità della prestazione lavorativa, e di eventuali forme di compensazione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale, od altro.

Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 2610 del 4 febbraio 2008

fonte: newsfood.com

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