Di FEDERICO PACE
Saranno loro, quelli con più di 45 anni, i protagonisti del mondo del lavoro del futuro prossimo. Eppure le imprese, come organismi che apprendono lentamente, ancora non se sono accorte fino in fondo. E, se pure cominciano a fare qualcosa, quel che fanno è ancora troppo poco per gestire efficentemente la trasformazione demografica della propria forza lavoro. A bocciare le imprese europee è il rapporto dell’Adecco Institute che ha coinvolto 2.506 imprese di cinque paesi europei - Germania, Francia, Italia, Regno Unito e Spagna - e che ha misurato il livello di efficienza delle imprese rispetto all’invecchiamento dei dipendenti.
I lavoratori “maturi” così, seppure considerati tra i dipendenti più affidabili, quelli con un’etica professionale molto elevata e disposti a svolgere compiti anche diversi, si ritrovano ancora una volta condannati allo status di talenti delusi e male utilizzati.
In particolare, il rapporto ha messo a punto un indice per valutare l'efficacia degli strumenti che le imprese hanno messo in campo nell'ultimo anno per gestire la trasformazione demografica. Le aree monitorate sono quella della gestione delle carriere, la formazione continua, la gestione delle conoscenze, l’assistenza medico-sanitaria e le relazioni tra le diverse generazioni.
I risultati, come detto, non sono positivi. Cresce il numero di strumenti mirati a favorire l’equilibrio tra vita privata e lavoro, alcune propongono ai propri dipendenti una programmazione ragionata delle carriere e offrono opportunità di percorsi alternativi. Altre offrono corsi di formazione di tipo ciclico in funzione dell’età e processi di aggiornamento continuo delle conoscenze. Ma sono ancora troppo poche come pochi sono anche gli ambienti di lavoro progettati pensando all’età e ai principi ergonomici.
Così nessuna delle cinque principali economie raggiunge la sufficienza. Tutte e cinque appiattite su valori abbastanza simili. Su un massimo possibile di 400 punti, se è vero che due terzi delle imprese europee coinvolte dall’indagine hanno superato i 200 punti, la media è minore al valore intermedio ed è pari a 182 punti. Lo stesso valore che raggiungono le imprese italiane che mostrano però una flessione di quattro punti rispetto ai valori dell’anno scorso. Da noi, quasi una su due ha totalizzato meno di 150 punti.
Nel complesso del Vecchio Continente vanno meglio le grandi imprese rispetto a quelle più piccole che con molta lentezza stanno cercando di adeguarsi ai cambiamenti in corso. La media è pressoché identica a quella dell’anno scorso anche se poco più della metà delle imprese considera il fenomeno, dopo la globalizzazione e le mutazioni tecnologiche, tra quelli a cui dedicare maggiori attenzione.
Elemento positivo è certo il fatto che quattro imprese su dieci ha detto di avere analizzato la struttura anagrafica della propria forza lavoro ma solo in Francia e Regno Unito, all’analisi, è seguita anche una pianficazione di interventi nel lungo termine. Tutte le imprese purtroppo hanno ammesso di fare una programmazione del fabbisogno di personale di breve periodo con un anticipo che non supera mai i diciotto mesi. In Italia il fenomeno è ancora più accentuato se si considera che i piani di assunzioni vengono stilati con un anticipo di soli otto mesi.
In questo scenario c'è anche un elemento positivo. Un’azienda su sei ha infatti affermato di volere assumere nel 2008 un più elevato numero di lavoratori “maturi” rispetto a quanto ha fatto in passato. Allo stesso tempo sono scese al 34 per cento (l’anno scorso erano il 42 per cento) le aziende che invece assumeranno meno personale “over 50”.
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