sabato 12 dicembre 2009

Allarme clima: "2 gradi in più? Le cose stanno peggio"

"Sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i 2 gradi sono un traguardo che non è più alla nostra portata. Dirlo è un atto di onestà. Così come è un atto di onestà aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi". Rank Raes, capo dell'Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea, esprime ad alta voce quello che i migliori climatologi del mondo - da Stephen Schneider della Stanford University a Jason Lowe del Met Office - stanno raccontando a Copenaghen nelle riunioni parallele al negoziato dei governi.

Nella bozza di accordo finale resa pubblica ieri, l'obbiettivo di fermare il riscaldamento globale a 2 gradi in più viene sventolato come una bandiera. È il vessillo che dovrebbe indurre i Paesi a tagli nelle emissioni di gas serra che vanno dal 50 al 90 per cento entro il 2050. Ma per gli scienziati non c'è rapporto tra i tempi della politica e i tempi della biosfera: con gli obiettivi oggi sul tappeto i 2 gradi restano un miraggio.

Ecco il ragionamento dei climatologi.
Primo punto. Calcolando solo l'effetto dei gas serra già in atmosfera, si deve mettere in conto un aumento di temperatura di circa mezzo grado nei prossimi decenni.

Secondo punto. Attivare l'economia virtuosa significa ripulire il cielo dallo smog. Il che farà benissimo ai nostri polmoni, ma eliminerà l'"effetto schermo" delle radiazioni solari che oggi maschera il reale aumento di temperatura: è circa un altro grado che va aggiunto.

Terzo punto. Calcolando che c'è già stato un aumento di più 0.8 gradi rispetto all'era preindustriale (i 2 gradi hanno come punto di riferimento quel periodo) e che un aumento attorno a 1,5 gradi per le ragioni precedenti è inevitabile, la barriera dei 2 gradi risulta già sfondata.

Ma è ragionevole l'ipotesi di attestarsi appena sopra i 2 gradi? "È tecnicamente fattibile ma richiederebbe una volontà politica di cui oggi non si scorge traccia: dovremmo tagliare in maniera draconiana tutte le emissioni di gas serra e azzerare la deforestazione", continua Raes. "Uno scenario già considerato buono invece è un taglio robusto delle emissioni dei Paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche così i gas serra continueranno a crescere ed è molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avrà ingranato, le emissioni scenderanno".

Peccato che la natura non risponda con la stessa velocità della Borsa. "Andiamo incontro a perdite di ghiaccio molto importanti, in particolare in aree come la Groenlandia", ha ricordato Jasan Lowe, del Met Office. "È un cambiamento profondo che rafforzerà il processo di riscaldamento e innalzerà il livello del mare. Non possiamo pensare che, dopo aver superato il picco delle emissioni, quando finalmente riusciremo a riportare la concentrazione di CO2 in atmosfera a valori accettabili, tutto tornerà come prima: ci vorranno secoli e secoli".

Ma che significa in pratica un aumento medio di 3 gradi? In alcune aree e in alcuni periodi la temperatura salirà in maniera molto più consistente. Nelle aree artiche si prevede una crescita almeno doppia e soffriranno vaste zone come l'Africa e il Mediterraneo. Vuol dire che episodi come le ondate di caldo dell'estate 2003 (70 mila morti aggiuntivi stimati dall'Oms in Europa) diventeranno frequenti.
"Eppure ridurre in tempi brevissimi le emissioni è possibile", osserva Stefano Caserini, il docente al Politecnico di Milano che ha appena pubblicato Guida alle leggende sul clima che cambia. "Ma se reagiremo con troppa lentezza non potremo più limitarci a non inquinare. Dovremo immaginare anche il ricorso a misure che oggi appaiono fantascientifiche. Potremmo far crescere le piante, bruciarle per produrre energia e poi seppellire la CO2. Cioè riportare il carbonio in profondità, dove è restato per milioni di anni sotto forma di petrolio".

fonte: repubblica.it

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