Si addensano le ombre sul vertice Onu di Copenaghen, tra visioni contrastanti, proteste e problemi organizzativi. La scossa più forte oggi è arrivata dai Paesi africani, che hanno abbandonato i lavori con l'appoggio del G77, il club dei Paesi in via di sviluppo. I delegati africani hanno poi deciso di riprendere la partecipazione ai negoziati, dopo aver avuto rassicurazione che sarà data maggiore enfasi ai nuovi impegni nel solco del Protocollo di Kyoto. Sullo sfondo il duello a distanza tra Cina e Stati Uniti, i due colossi che più di chiunque altro determineranno gli esiti del vertice. E una struttura organizzativa, quella danese, sempre più sofferente sotto il peso di un summit che rischia di registrare un boom di presenze, ma un flop di decisioni pratiche.
La protesta dei Paesi africani. A fronte del boicottaggio africano, la presidenza danese ha subito avviato contatti ed è riuscita a ricucire lo strappo, che si è consumato a cinque giorni dall'arrivo venerdì prossimo dei leader di 120 Paesi per la fase negoziale conclusiva. I Paesi in via di sviluppo chiedono di dare priorità a un secondo periodo di impegno per i tagli delle emissioni di C02 previsti dal Protocollo di Kyoto rispetto alla più ampia discussione sugli obiettivi di lungo termine per la cooperazione nella lotta ai cambiamenti climatici. "L'Africa ha tirato il freno d'emergenza per evitare che il treno deragli nel fine settimana", ha commentato Jeremy Hobbs, direttore esecutivo di Oxfam International.
"Si tratta di una rottura sul processo e sul metodo, e non sulla sostanza, e questo è deplorevole", ha commentato il ministro australiano per la lotta al Cambiamento climatico Penny Wong. Alla base della decisione ci sarebbe stata la convinzione che la conferenza di Copenaghen trascuri l'importanza di rinnovare gli impegni, oltre il 2012, dei Paesi industrializzati nell'ambito del protocollo di Kyoto. I Paesi in via di sviluppo avevano anche chiesto la convocazione di una riunione dedicata esclusivamente al post-Kyoto.
Tensioni Usa-Cina. Fonti occidentali hanno riferito che gli animi si sono accesi dopo "le crescenti tensioni tra americani e cinesi" emerse nella tavola rotonda di domenica con i ministri dell'Ambiente di 50 Paesi. Il timore è che si ripeta il fallimento del 2000 all'Aja, quando si consumò la rottura nella conferenza che avrebbe dovuto completare le regole di Kyoto.
Il vero ostacolo al vertice di Copenaghen, infatti, è rappresentato dal duello a distanza tra Cina e Stati Uniti. Da un lato, gli Usa ritengono che la bozza di accordo stilata da Pechino sia squilibrata a vantaggio dei Paesi in via di sviluppo. I cinesi, dal canto loro, non vogliono assumersi la responsabilità di un eventuale fallimento. "Non saremo d'ostacolo a un accordo", ha dichiarato il viceministro agli Esteri cinese, He Jafei. "In caso di mancato accordo - ha proseguito - so già che qualcuno dirà che è colpa della Cina. E' un sotterfugio dei Paesi sviluppati: dovrebbero considerare le loro posizioni, invece di utilizzare la Cina come prestesto".
L'appello di Ban Ki-moon. Proprio oggi il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha lanciato un appello ai leader mondiali affinché "trovino un compromesso" nella lotta contro il riscaldamento climatico. "Non è più il momento di gesticolare o di criticare", ha detto Ban Ki-moon nel corso di una conferenza stampa al Palazzo di Vetro. "Ogni Paese deve fare la sua parte per raggiungere un accordo a Copenaghen. Per questo - ha aggiunto il segretario dell'Onu, che domani prenderà parte al summit - lancio un appello ai leader del mondo ad assumersi le proprie responsabilità, a fare quello che si deve fare".
Problemi organizzativi. Giornalisti e delegati sono rimasti sei ore in coda al gelo per riuscire a ottenere l'accredito per entrare al Bella Center, dove si svolgono i lavori del vertice sul clima. Via via che si avvicina la fase centrale del summit (prevista per giovedì e venerdì), l'organizzazione danese sembra sempre più provata dall'enorme mole di persone che ha affollato Copenaghen. Tra delegati, giornalisti, lobbisti e organizzazioni non governative, i registrati al vertice danese hanno superato di gran lunga le aspettative, toccando il numero record di 45.215. Quasi tre volte la capienza massima del centro congressi, progettato per ospitare all'incirca 15.000 persone.
fonte: repubblica.it
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martedì 15 dicembre 2009
Copenaghen, ombre sul vertice Stati africani tornano al tavolo
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