Alla vigilia di Copenaghen abbiamo intervistato il Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, per verificare l’allineamento del Governo italiano con le principali tematiche che saranno discusse nella Capitale danese: lotta alle riduzioni di gas serra, potenzialità della green economy, target delle politiche energetiche nazionali, efficienza energetica nell’edilizia.
Mauro Spagnolo: Ministro Prestigiacomo, più volte lei ha affermato che “la green economy non è una delle scelte possibili, ma l’unico modello praticabile nei prossimi anni”. Quali sono, a suo giudizio, gli ostacoli reali a questo nuovo modo di immaginare l’economia?
Stefania Prestigiacomo: La negativa congiuntura economica in atto può comunque offrire occasioni importanti alle imprese che vorranno fare investimenti virtuosi sul piano finanziario e ambientale. Il comparto della green economy, infatti, è di gran lunga quello che offre le migliori opportunità di investimento e, soprattutto, garantirà la salvaguardia dell’ambiente. Il fondamentalismo ambientalista ha fallito: non ha dato risultati concreti e nel nostro Paese ha impedito la realizzazione di infrastrutture fondamentali. Il nostro governo, invece, sta usando tutti gli strumenti per favorire lo sviluppo della green economy.
MS: Finalmente in Italia si parla, senza falsi pudori, di ecomafia e di crimini contro l’ambiente e in questo senso lei ha recentemente firmato un protocollo di intesa con la Direzione Nazionale Antimafia. Ritiene che possa concretamente produrre, a breve, risultati concreti? E quali?
SP: L’obiettivo del governo è garantire la sicurezza dei cittadini e la protezione della natura, insistendo sulla ‘tolleranza zero’ nei confronti di chi commette un reato ambientale. Con il protocollo d’intesa con la Direzione nazionale antimafia verrà migliorato il coordinamento nell’attività di indagine, così che le strutture investigative e giudiziarie avranno la possibilità di operare immediatamente per la repressione dei crimini ambientali. Le ecomafie gestiscono nel nostro Paese un sistema diversificato al quale dobbiamo contrapporne uno legale, strutturato ed ecosostenibile, basato su un forte collegamento operativo tra gli organi dello Stato. Inoltre, il recepimento della direttiva europea sui reati ambientali, che punta a rafforzare le pene, sarà l’occasione per rivedere la normativa penale. I reati ambientali devono rientrare in fattispecie ad hoc, in modo da avere un grande potere deterrente.
MS: Il suo Ministero ha posto, anche in contrasto con le posizioni del commissario europeo all’Ambiente, delle questioni sulla Direttiva delle emission trading. Può spiegarmene i motivi?
SP: Abbiamo posto alla Commissione europea un problema reale, che deriva dalla logica distorta della vecchia direttiva ‘emission trading’, logica che infatti è stata modificata nella nuova direttiva approvata nel dicembre scorso nel cosiddetto ‘pacchetto 20-20-20’. In base a quella logica l’Italia dovrebbe pagare circa 1 miliardo di euro per acquistare diritti di emissione da paesi che ne hanno la disponibilità, che non deriva nella maggior parte dei casi da una maggiore ‘virtuosità ambientale’ ma dal fatto che si sono prese come parametro le emissioni storiche. Così molti paesi, specie all’est, che hanno dovuto dismettere impianti obsoleti e molto inquinanti, si ritrovano oggi con quote d’emissione in eccesso da vendere sul mercato. Paradossalmente l’Italia dovrebbe comprare quote d’emissione da chi inquina di più. Per queste ragioni non condivido la chiusura netta da parte della Commissione europea.
MS: Nucleare. Al di là di valutazioni ambientali, tecnologiche e sociali, non le sembra una scelta controcorrente rispetto ai percorsi intrapresi dagli altri Paesi industrializzati?
SP: Oggi l’Italia ha bisogno di energia. Miriamo a un riequilibrio energetico che nel medio periodo ci consenta di arrivare al 25% di rinnovabili, al 25% di nucleare e al restante 50% di combustibili fossili. Le scelte dei siti dove costruire le centrali andranno fatte in accordo con il territorio e si procederà con il massimo rigore sul piano della sicurezza. Tuttavia il nucleare è una prospettiva di medio periodo. Nel frattempo, il governo sta investendo su più fronti, puntando tra l’altro sul risparmio energetico, sulla promozione delle rinnovabili, la mobilità sostenibile, la bioedilizia. Con l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del nostro Paese, cosa che nessuno in passato è riuscito a fare.
MS: Le emissioni generate dal comparto edilizio, come lei sa, sono circa il 40% delle totali e ben superiori a quelle prodotte dai trasporti: circa il 3%. Dinanzi a quella che ormai in molti chiamano “emergenza edilizia” per l’ambiente, quali iniziative sta intraprendendo il Governo?
SP: Le polveri sottili presenti nei centri urbani sono sì prodotte dai motori diesel di vecchia generazione ma anche dagli impianti di riscaldamento. Il governo ha confermato gli incentivi per le ristrutturazioni ambientali che prevedono pure la sostituzione delle caldaie antiquate con quelle nuove che non producono polveri. Ma c’è un problema più generale di consumi di energia che possono essere fortemente ridotti attraverso una serie di misure di adeguamento degli edifici, mentre per le nuove costruzioni esistono ormai i criteri della cosiddetta ‘bioedilizia’ che puntano alla realizzazione di case a impatto ambientale zero, autosufficienti dal punto di vista energetico. La bioedilizia prevista nel piano casa innescherà un profondo rinnovamento del nostro patrimonio abitativo. E bisognerà cogliere l’opportunità dell’incentivo ad ampliare le abitazioni per riconvertirle a un maggiore rispetto ambientale.
MS: In conclusione, Ministro Prestigiacomo, cosa si aspetta personalmente dalla Conferenza di Copenaghen? Siamo davvero a una svolta epocale, come ha affermato Gordon Brown?
SP: L’UE in maniera compatta si spenderà al massimo perché venga raggiunto un accordo. L’Europa porterà a Copenhagen i propri impegni già assunti e metterà sul tavolo della trattativa la possibilità di innalzare i tagli delle emissioni dal 20 al 30% a condizione che gli altri Paesi sviluppati assumano obiettivi analoghi e a fronte di impegni altrettanto significativi delle economie emergenti, così come ribadito dalle conclusioni adottate dall’ultimo Consiglio Europeo. Ma io credo che a Copenhagen sia in gioco qualcosa di più che un semplice negoziato: si gioca la sfida più importante per un modello di sviluppo, un futuro sostenibile. E la si vince se si superano i problemi storici tra nord e sud del mondo.
fonte: rinnovabili.it
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