Non solo la solita Cina che tratta con i Paesi africani di come comprare materie prime ma anche il Brasile mette in campo un attivismo con da poco nel proporre sostegno economico e finanziario a piccoli stati africani come Chad, Benin, Mali per la questione del cotone e con la proposta portata avanti assieme ad altre potenze emergenti di voler concedere grandi aperture di mercato (dazio zero e quote zero) per l'80% dei prodotti provenienti dai Paesi più poveri.
Certo chiedono in cambio che i Paesi industrializzati facciano altrettanto ed è una proposta che, se associata alla spinta che diverse delegazioni dell'Africa subsahariana stanno facendo sul cotone e sull'azzeramento dei sussidi all'esportazione americani, potrebbe far riaprire i giochi sul negoziato agricolo, ancora in fase di stallo.
Anche la guerra delle banane sembra sia in via di risoluzione, per anni ha contrapposto le due sponde dell'Atlantico per le concessioni che l'Unione Europea accordava alle proprie ex colonie di Africa, Caraibi e Pacifico. Nell'accordo possibile si parla di un abbassamento consistente del dazio europeo alle banane latinoamericane a patto che l'Ecuador e gli altri Paesi del Cono Sur decidano di ritirare le proprie denunce alla Wto, ma si giocherà tutto in queste ultime ore e i pessimisti sono ancora molti.
Particolarmente attivi e vivaci invece le realtà associative, ong, agricoltori, pescatori presenti, ed anche la rete internazionale Our World Is Not For dopo la grande manifestazione di sabato continua il proprio lavoro di contatto con le delegazioni e di iniziative all'esterno, con l'obiettivo da una parte di fornire strumenti ai negoziatori e controbilanciare l'agenda di liberalizzazioni del Doha Round, dall'altra di creare attenzione sul problema della crisi economica e sociale che stiamo vivendo.
Più di un terzo del commercio agricolo mondiale passa per Ginevra, dallo zucchero al cotone, dal caffè al riso. Enormi quantità di materie prime transitano per imprese con sede a Ginevra, che crisi o non crisi, hanno aumentato incessantemente i propri profitti. E' per questo che gli attivisti di Our world is not for sale, la rete non governativa appunto, che in Italia ha come membri Rete Lilliput, Fair, Crocevia, Mani tese e Campagna Riforma Banca Mondiale, ha organizzato oggi, in collaborazione con gli attivisti de La via campesina, una puntata del suo ''Lobby tour'', visita guidata per le strade di Ginevra alle sedi delle multinazionali più discusse, dedicata all'agricoltura.
''Contro la fame, l'aggravarsi della crisi alimentare e la scomparsa dell'agricoltura contadina'', il tour degli attivisti, alcuni muniti di trattori, ha toccato la sede di Bunge, accusata di essere tra i principali responsabili della diffusione di soia transgenica, la sede della Cargill sia perché accusata, come primo gruppo mondiale, di contribuire all'abbassamento progressivo del prezzo delle materie prime agricole, e di aver incassato, grazie a questo, nel 2008, nel pieno della crisi agricola, 4 miliardi di dollari di profitti. E in ultimo la sede del gruppo di supermercati svizzeri Migros, che occupa il 50% di questo settore, ed è accusato di aver abbassato lo scorso anno del 25% i prezzi ai propri fornitori di prodotti agricoli, mentre aumentava i prezzi al consumo del 12%. Servono regole, spiegano le ong, ma la Wto va in direzione contraria.
Oggi poi è la volta della crisi climatica, con altrettanti presidi di fronte alle multinazionali che più si sono macchiate di crimini ambientali e dell'aumento delle emissioni di gas serra. In attesa del vertice della Cop15 di Copenaghen i movimenti sociali e le reti internazionali si stanno preparando all'evento a cominciare da una carovana di contadini e di attivisti che in questi giorni partirà da Ginevra per raggiungere Copenaghen in autobus.
Tornando dentro a quanto si apprende dalle delegazioni, gli interventi che si stanno susseguendo in queste ore, e che verranno raccolte nella sintesi che verrà presentata questa sera dal presidente dell'assemblea, il ministro cileno al commercio Andre's Velasco, si concentrano sulla trasparenza e la circolazione delle informazioni all'interno della Wto per i Paesi membri, e sulla difficoltà e lentezza delle procedure per i paesi che vogliano entrare a far parte della Wto.
L'Iran, ad esempio, ha guidato il fronte dei Paesi che vorrebbero entrare a far parte del "Club del commercio" ma sono ancora in fila, lamentando che, inoltre, sono scarsi i fondi dedicati a sostenere l'acquisizione di competenze nel commercio e nei negoziati e le condizionalità imposte sono insostenibili perché non graduali. L'Europa, dal canto suo, ha lamentato i veto politici che bloccano, tra gli altri, l'accesso dell'Ucraina.
Altro tema di qualche sensibilità continuano ad essere ovviamente i sussidi agricoli che i paesi emergenti e in via di sviluppo individuano come uno dei più gravi ostacoli al successo del round. Dal canto loro gli Stati Uniti hanno continuato a spingere sulla necessità di avere ancora di più (che vuol dire apertura commerciale nei Pvs) nei capitoli dei prodotti industriali (NAMA) e dei servizi (GATS). Sia Stati Uniti che Unione Europea, tuttavia, stanno cercando di reggere più accettabile questo proprio immobilismo promettendo fondi ulteriori nel capitolo Aiuti al commercio. I Paesi emergenti rispondono chiedendo più commercio, al posto degli aiuti.
La sessione di chiusura avrà luogo questa sera probabilmente tra le 18.30 e le 20.00 e tendenzialmente non si è neanche sicuri che arrivi un vero e proprio "documento finale", ma una dichiarazione del presidente della Conferenza che sotto la sua responsabilità registrerà le decisioni dei ministri presenti sui tre temi sui quali ci si aspetta comunque una decisione: estensione della moratoria della tassazione sull'e-commerce, estensione della moratoria sui cosiddetti "TRIPS non-violation complaints", e data e luogo per la prossima ministeriale.
fonte: greenreport.it
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