mercoledì 2 dicembre 2009

Per tagliare le emissioni serve ben altro

Comunque vada a Copenhagen, non basterà: l’unico modo per contenere il riscaldamento è abbandonare al più presto i combustibili fossili. È tra le più pessimistiche e radicali l’opinione di James Hansen - il climatologo della Nasa divenuto un simbolo della lotta al global warming - come la si legge in un editoriale apparso su The Observer sabato scorso.
Intanto oggi sui giornali risalta la notizia (anticipata ieri su Qualenergia.it “Ultime indiscrezioni su Copenhagen”) del secco “no grazie”, di cui si è fatta portavoce l’India, dei paesi emergenti alla bozza avanzata dalla Danimarca.

Il cammino verso un buon accordo sembra subisca una nuova battuta d’arresto, anche se si spera solo momentanea e strategica. Ma questo nella visione di Hansen pesa relativamente poco: è l’intero approccio al problema del global warming adottato dalla COP 15 ad essere inadeguato. Gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni, indeboliti dai meccanismi di compensazione e l’“inefficace” sistema di mercato per lo scambio dei permessi ad emettere sono soluzioni ingannevoli al problema, anzi, nelle parole del climatologo addirittura “fraudolente”. L’unico modo per fermare la crescita delle emissioni – spiega – è azzerare quelle provenienti dalla combustione del carbone entro 20 anni e proibire quelle dei combustibili fossili non convenzionali come sabbie e scisti bitumiosi.

Solo questa strategia e con il contributo della riforestazione e di pratiche agricole sostenibili si potrebbe arrivare a quella concentrazione di CO2, 350 parti per milione, che per Hansen eviterebbe di far salire oltre i 2°C la temperatura del pianeta. Anche l’obiettivo al quale si punta a Copenhagen, ossia ridurre le emissioni globali del 50% entro il 2050 sarebbe impossibile da raggiungere in modo diverso. Solo in malafede, secondo Hansen si può pensare di farcela con gli impegni nazionali e il “cap and trade” (cioè un meccanismo di scambio delle emissioni sul tipo dell'ETS europeo) che si spera si riesca ad adottare a Copenhagen.

“A meno che non intimino alla Russia di lasciare sotto terra il gas e all’Arabia Saudita di fare altrettanto con il petrolio (cosa che nessuno ha proposto), si deve abbandonare il carbone e proibire i combustibili non convenzionali - scrive Hansen. "Invece - spiega il climatologo - gli Stati Uniti hanno appena firmato un accordo con il Canada per un oleodotto necessario a trasportare il greggio spremuto dalle sabbie bituminose. L’Australia tra costruendo infrastrutture portuali per aumentare il proprio export di carbone. In tutto il mondo si stanno costruendo impianti per fare diesel dal carbone. In tutto il mondo si stanno realizzando nuove centrali a carbone. Non capiscono le leggi della geofisica e ci stanno ingannando”.

Ma eliminare i combustibili fossili come il carbone e il petrolio non convenzionale è economicamente fattibile? Con il meccanismo “cap and trade”, spiega, le emissioni continuano a crescere perché le fonti fossili restano comunque le più economiche, non riuscendo il costo della CO2 ad incorporare costi per la collettività enormi come gli impatti sul clima e sulla salute. Molto meglio la carbon tax: una tassa sulla CO2 da applicare uniformemente sui combustibili fossili e che poi dovrà essere innalzata progressivamente nel tempo.

Chi ha qualche familiarità con la proposta sostenuta dal climatologo (Qualenergia.it “Caro Obama, meglio tassare la CO2”) sa che i proventi della tassa dovrebbero tornare totalmente al pubblico sottoforma di dividendo omogeneo o sgravio fiscale. Cosa che, nella visone di Hansen, stimolerebbe l’economia creando i mezzi per adeguare stili di vita e infrastrutture energetiche. Con la tassa sulla CO2 innalzata di anno in anno la maggior parte del carbone e degli altri combustibili ad alta intensità di emissioni verrebbe lasciata sotto terra perché antieconomica e il mercato favorirebbe automaticamente le fonti low-carbon e l’efficienza energetica.

Una proposta interessante, la carbon tax che a livello nazionale ed europeo quest’anno è tornata protagonista (Qualenergia.it “In Francia rispunta la carbon tax” e “Verso una carbon tax europea”); ma sembra molto più probabile per il post-Kyoto l’ipotesi di una estensione a livello internazionale di un ETS di stampo europeo e sullo stile di quello che Obama vorrebbe per gli Usa.
Sperando che anche questo si riesca effettivamente a fare e che le contraddizioni messe in luce da Hansen siano ridotte al minimo, cosa che si vedrà anche in base a quel che succederà a Copnhagen e negli incontri successivi.

fonte: qualenergia.it

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