venerdì 2 novembre 2007

La Fed taglia i tassi di un quarto di punto

La Federal Reserve, la banca centrale americana, ha tagliato il tasso di riferimento dei Fed Funds di un quarto di punto percentuale: il costo del denaro è ora fissato al 4,50%. La decisione del Fomc (Federal Open Market Committee), il comistato ristretto dell'istituto centrale Usa, era largamente attesa sui mercati finanziari e motivata dall'esigenza di arginare la crisi innescata dall'allarme sui mutui subprime.

SECONDO TAGLIO - La Fed era stata ben più aggressiva il mese scorso, il 18 settembre, quando aveva ridotto il tasso di riferimento di mezzo punto percentuale per rispondere ai timori innescati sul mercato del credito e ai rischi sulla crescita economica. La Fed aveva accompagnato la mossa sui Fed Funds - vale a dire il tasso interbancario sul brevissimo termine - a un taglio del saggio di sconto al 5,25%. Quest'ultimo, che rappresenta il saggio al quale la banca centrale Usa concede prestiti al sistema bancario, mercoledì è stato tagliato di ulteriori 25 punti base al 5%.

IL BALZO DELL'EURO - I primi effetti del nuovo taglio dei tassi deciso dalla Fed si sono registrati sul mercato valutario: dopo un iniziale ripiegamento, durato per la verità pochi minuti, l'euro ha ripreso la corsa, prima toccando un nuovo record a 1,4473 dollari; e poi ha addirittura sfondato quota 1,45 contro il biglietto verde (nuovo massimo a 1,4504).

ORO E PETROLIO AI MASSIMI - A ben vedere la mossa della Fed ha spinto ai massimi anche l'oro (le quotazioni sono balzate oltre gli 800 dollari per oncia, a 800,20) e il petrolio: l'oro nero, sul mercato Usa, è salito fino a quota 94,80 dollari, per poi ripiegare leggermente e chiudere a quota 94,53 dollari al barile, in rialzo di 4,15 dollari, facendo segnare comunque un nuovo record in chiusura

CRISI ATTENUATA - Nel comunicato stampa di accompagnamento la Fed ha spiegato che i segnali di crisi sono in qualche modo «attenuati» e che i rischi sulla crescita e sull'inflazione siano «sostanzialmente bilanciati». Insomma, ai timori di rallentamento della crescita si fronteggiano quelli di un'impennata del costo del denaro. Un'affermazione che suggerisce come ulteriore riduzioni del costo del denaro siano tutt'altro che scontate nel prossimo futuro. La banca centrale Usa ammette, inoltre, che gli «elevati prezzi delle materie prime potrebbero esercitare pressioni sull'inflazione», come per il petrolio. La Fed si aspetta infine che «l'intensificazione della correzione del settore immobiliare indebolirà l'economia nel breve termine».

fonte: corriere.it

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