Fermare la produzione di emissioni nocive potrebbe non bastare alla salvaguardia del Pianeta. Accanto alla produzione di CO2 si schiera, come fattore altrettanto pericoloso, il cambio d’uso dei terreni, costantemente ‘rimaneggiato’ per fare spazio a coltivazioni o sviluppo urbano.
Lo ha dichiarato Brian Stone, autore di uno studio che verrà pubblicato a dicembre in occasione dell’inizio della conferenza dell’Onu con lo scopo di sensibilizzare i grandi del clima ad affrontare il cambiamento climatico partendo anche da questa angolazione, provvedendo ad una rapida riforestazione e rimboschimento delle vaste aree danneggiate.
Per lo scienziato del Georgia Tech di Atlanta, negli Usa circa il 50% del riscaldamento che si è verificato a partire dal 1950 è da riferirsi all’attività di disboscamento.
“Le più grandi città degli Stati Uniti, tra cui Atlanta, si stanno riscaldando ad una velocità più del doppio di quella del pianeta nel suo insieme; tasso che è principalmente riconducibile al cambiamento nell’utilizzo del suolo”, ha affermato Stone.
A far notare il problema della diminuzione delle aree boschive come fattore di incremento dell’aumento della temperatura è stata anche Greenpeace, redattrice del rapporto ‘Agricoltura al bivio’ pubblicato dallo Iaastd (International assessment of agricultural knowledge, science and technology for development). L’agricoltura va tutelata, ma non a scapito dell’ambiente, a tal proposito è stato consigliato un uso più razionale di elementi chimici, il passaggio quindi ad una ‘agricolura di stampo ecologico’.
‘‘E’ necessario cambiare rotta: il business-as-usual ha fallito – ha commentato Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace Italia, – il rapporto delle Nazioni Unite sullo stato dell’agricoltura, indica la strada verso la reale rivoluzione verde. Solo investendo in coltivazioni di tipo ecologico saremo in grado di continuare a produrre per il prossimo secolo”.
fonte: rinnovabili.it
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giovedì 12 novembre 2009
Clima: quando l'agricoltura è un nemico temibile
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