L'ascensore viaggia a due metri al secondo. Fra pause e rallentamenti, ci vogliono otto minuti per arrivare in fondo, sotto quasi 500 metri di roccia. La cabina ha pareti e grate di acciaio, di un rosso vivace. È un ascensore da miniera. Ma questa non è una miniera.
Nell'intrico di gallerie che si apre davanti alla porta si scava, solo per seppellire. L'argilla della terra che dà al mondo lo champagne accoglierà le bare di qualcosa che vivo non è stato mai, ma che ora è, e resterà a lungo, assolutamente letale. Siamo alla destinazione finale delle scorie radioattive. Queste sono catacombe: le catacombe dell'atomo. Lungo le pareti di una roccia grigia e polverosa si aprono i loculi.
Ai Comuni che hanno accettato di farsi scavare sotto campi e foreste, il governo ha distribuito circa 20 milioni di euro
Scelte zone non a rischio terremoti e nel profondo di una roccia, dove l´acqua non può infiltrarsi Ma non tutte le rocce sono uguali
Dentro al contenitore in acciaio inossidabile, i residui sono schermati da un secondo involucro in vetro
Il costo del "cimitero" dell´atomo è di circa 60 miliardi di euro, quanto l´intero deficit italiano
L'imboccatura è un foro circolare, con un diametro di non più di settanta centimetri, che introduce ad un cunicolo profondo fino a 40 metri. Qui verranno infilati i sarcofagi, lunghi poco meno di una bara - circa un metro e sessanta - dove sono stati deposti i residui di combustibile nucleare spento, destinati a restare attivi per centinaia di migliaia di anni. Il termine tecnico è "scorie ad alta radioattività e a vita lunga". In ogni cunicolo ce ne stanno dodici: ma la successione ne prevede uno pieno e due vuoti, per limitare il carico radioattivo e disperdere più facilmente l'enorme calore accumulato.
Bure, in realtà, non è la destinazione finale delle scorie. E' un laboratorio, un modello, dove si studiano e si affinano tecniche e procedure del confinamento.
Ma si sa già che il vero deposito sarà costruito a qualche chilometro da qui, dentro la stessa roccia, ai confini dei dipartimenti della Meuse e della Haute Marne, a ridosso delle colline, dove coltivatori grandi e piccoli curano, con precisione maniacale, le vigne che danno alla Francia la gloria nazionale dello champagne. La costruzione inizierà nel 2015, il cimitero comincerà ad accogliere i primi sarcofagi nel 2025. Qualche Comune ha protestato e si è chiamato fuori. Altri hanno accettato di farsi scavare sotto campi e foreste. Il governo ha distribuito circa 20 milioni di euro per la costruzione di scuole e infrastrutture sul posto. La Francia spera così di aver tamponato il problema più spinoso dell'intera partita nucleare: se un reattore in funzione fa paura, qui ed ora, le scorie spaventano per 300 mila anni e via, oltre ogni comprensibile conto: il pianeta che verrà.
Non tutte le scorie, peraltro, sono così pericolose. Anzi, lo è solo una quota minima. Anche se va trattato con mille cautele ed attenzioni, ad esempio seppellendolo nel cemento, poco meno del 90 per cento dei rifiuti nucleari ha una vita radioattiva inferiore ai 30 anni. E meno del 5 per cento sono quelli con una vita semieterna e un'alta radioattività.
Se togliamo da questa quota gli involucri dei reattori e delle pasticche di combustibile, restiamo con il nocciolo duro delle scorie: in sostanza, l'uranio esaurito dei reattori. Una volta riprocessato per ottenerne combustibile fresco, quello che resta è lo 0,2 per cento del totale delle scorie. Ma questo 0,2 per cento rappresenta il 95 per cento della radioattività totale. E lo 0,2 per cento di 1 milione 800 mila metri cubi - il totale di scorie radioattive che le centrali francesi avranno accumulato al 2020 - è la rispettabile cifra di 3.600 metri cubi. Dove metterli?
In una zona che non sia a rischio terremoti e nel profondo di una roccia, dove l'acqua non possa infiltrarsi. Ma non tutte le rocce sono uguali. "Quelle adatte - spiega Bertrand Vignal, dell'Andra, l'organismo francese che si occupa della gestione dei rifiuti radioattivi e del laboratorio di Bure - sono il sale, il granito, l'argilla". Il sale è difficile da trovare. I finlandesi - gli unici al mondo, oltre ai francesi, che stanno costruendo un deposito definitivo per le scorie, ad Olkiluoto, vicino alla nuova centrale in costruzione - hanno scelto il granito. "E' solido e compatto - dice Vignal - ma è più permeabile alla radioattività". Nel progetto finlandese, infatti, i sarcofagi delle scorie ad alta radioattività prevedono una addizionale camicia di rame. I francesi, invece, pensano di poterne fare a meno. Alti un massimo di un metro e sessanta, larghi 64 centimetri, i sarcofagi di Bure sembrano enormi proiettili di cannone, con un'ansa in cima per consentirne il movimento e la gestione automatizzati.
Dentro il contenitore esterno in acciaio inossidabile, i residui sono schermati da un secondo involucro in vetro. "In realtà - ammette, davanti ad uno dei loculi, Marc - Antoine Martin, ancora dell'Andra - noi sappiamo benissimo che, entro 300 anni, nell'involucro ci sarà il primo forellino". E allora? "A questo punto, a contenere la radioattività ci pensa la roccia". "Abbiamo scelto l'argilla - spiega Vignal - perché, rispetto al granito, la radioattività si muove più lentamente attraverso l'argilla. Noi calcoliamo che, quando avrà risalito i 500 metri verso la superficie, la radioattività iniziale delle scorie sarà scesa ai livelli che si trovano normalmente in natura".
Funziona? E', per ora, ancora una scommessa. "In questo campo, non esistono certezze scientifiche" dicono all'Irsn, l'istituto francese che si occupa specificamente degli aspetti tecnici e scientifici della sicurezza nucleare. "Tutti i tentativi di creare dei modelli delle interazioni a lungo termine di un sistema così complesso sono discutibili e discussi, avvolti in parecchie incertezze". L'elenco che ne fa l'Irsn è lungo: le reazioni chimiche determinate dalle radiazioni dentro i fusti, la fisica dei flussi all'interno delle materie radioattive immagazzinate, il comportamento dei metalli e del cemento impiegati nello stoccaggio, la possibilità stessa che lo scavo delle catacombe possa danneggiare la roccia e creare crepe entro cui si potrebbe infilare l'acqua, offrendo alla radioattività una facile e rapida via di fuga". "Non si possono applicare semplicemente - concludono all'Irsn - gli usuali parametri di radioprotezione".
Per questo, a Bure, si continua a lavorare e a sperimentare. Soprattutto, la legge francese sulle scorie prevede esplicitamente la "reversibilità". Anche una volta sigillati i loculi, le catacombe di questo Est della Francia resteranno aperte per altri 100 anni. I tecnici continueranno a scendere, con l'ascensore rosso, nelle gallerie grigie a monitorare la situazione, ma anche, eventualmente, ad estrarre i sarcofagi. Nel caso si scoprano metodi più sicuri di stoccaggio delle scorie o che entri finalmente in funzione la nuova generazione di reattori, in grado di bruciare completamente il combustibile e azzerare il problema dei rifiuti ad alta radioattività. Nel frattempo, però, le scorie continueranno ad accumularsi. Il cimitero nucleare previsto fra la Meuse e l'Haute Marne è progettato per accogliere 6 mila metri cubi di scorie altamente radioattive. Di fatto, aprirà nel 2025 e sarà pieno fino all'orlo nel 2030. Poi? "Possiamo sempre estenderlo" assicura Martin.
Su una cosa, però, i francesi non hanno dubbi. Nel suo ufficio all'Assemblea Nazionale, Claude Birraux, presidente dell'Ufficio parlamentare di valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche, torna e ritorna su un punto: "La legge che abbiamo votato è chiarissima. Non accetteremo in Francia scorie che non provengano dalle centrali francesi. Ogni paese si gestisca le sue".
Per l'Italia, che si accinge a varare un piano nucleare nuovo di zecca, significa far salire di un gradino il livello di complessità delle scelte. Si tratta non solo di trovare un posto che non rischi terremoti e abbia la roccia adatta, per installarvi un deposito permanente di scorie, ma anche di pagarlo, facendo salire ulteriormente la fattura nucleare. Nell'ipotesi migliore (cioè che i costi rispettino il preventivo) le quattro centrali a cui pensa l'Enel costeranno poco meno di 20 miliardi di euro. Se se ne realizzassero otto, come progetta il governo, il costo sarebbe vicino ai 40 miliardi. A questi bisogna aggiungere il deposito: quello progettato a Bure costa, da solo, 15 miliardi di euro, quanto tre centrali. Poi bisogna aggiungere i depositi per le scorie meno pericolose. Il totale è vicino ai 60 miliardi di euro, quanto l'intero deficit statale l'anno scorso.
fonte: repubblica.it
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lunedì 9 novembre 2009
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