lunedì 9 novembre 2009

Da ecochef a stilista «verde» I 100 lavori salva ambiente

Ottantunomila aziende, 410.000 addetti, un fat­turato di 37 miliardi di euro nel 2008 (più 12 miliardi di export e 6 di import). Sono i numeri dell’industria forestale italiana: una galassia di imprese grandi e piccole che si occupano di fo­restazione, cura dei boschi, dife­sa del suolo, e non producono solo carta e legname ma conser­vano il territorio. Oppure: 10.379 lavoratori nell’eolico, 2.229 nel fotovoltaico, 8.233 ad­detti alle biomasse e al recupe­ro energetico dai rifiuti. Ecco il settore delle energie rinnovabi­li in Italia a marzo 2009 (dati Nomisma). I lavori verdi ci so­no già: secondo l’Onu impiega­no 2,3 milioni di persone nel mondo. C’erano anche prima che Obama facesse della svolta verde uno dei perni della sua corsa alla Casa Bianca, e nel no­stro Paese oggi occupano tra 850 e 850 mila addetti che nei prossimi anni potrebbero di­ventare 1 milione e mezzo. «Ma­gari un giorno non si parlerà più di lavori verdi, perché lo sa­ranno diventati tutti» dice Mar­co Gisotti, che con Tessa Geli­sio, conduttrice di Pianeta Ma­re, firma «Guida ai green jobs» (Edizioni Ambiente).

Creare occupazione e salva­guardare l’ambiente. Forse è questo il mondo del lavoro che sta nascendo per l’azione com­binata di vari fattori: gli accordi per la riduzione delle emissioni di gas serra, la crisi economica, la necessità di puntare sull’effi­cienza energetica, il nuovo ap­peal dell’ecologia che può origi­nare una domanda di prodotti «verdi» tale da condizionare produzione e offerta. Tra i 100 lavori verdi per l’Italia di doma­ni ci sono professioni come «l’ecochef», che dovrà creare menu basati su ingredienti pro­venienti da produzioni locali, ti­piche, di qualità, e magari biolo­giche, tenendo conto del loro impatto ambientale. Un impie­go «curioso»? Forse no, visto che nel 2008 i ristoranti «bio» in Italia erano 360, gli agrituri­smi con menu biologici 1.178, e quasi un milione i pasti bio serviti nelle mense scolastiche. C’è anche l’ecoparrucchiere, che usa apparecchi elettrici di ultima generazione, controlla la climatizzazione del salone, fa la raccolta differenziata e abbat­te dell’80% i consumi di energia e fino a 2/3 quelli d’acqua.

Nem­meno questa è una boutade : il libro calcola che i 150 mila parrucchieri italiani ogni anno emettano 800 mila tonnellate di CO 2 , tan­to che l’estate scorsa sono parti­ti i corsi dell’Oreal-Federparchi per «parrucchiere sostenibile». Certo, tagliare i capelli non è un’occupazione nuova, ma qua­si nessuna delle professioni elencate dalla guida lo è. Molti cosiddetti ecolavori sono «pro­fili professionali tradizionali ar­ricchiti da nuove competenze ambientali o inseriti in contesti nuovi». Si può fare un lavoro verde anche costruendo auto­mobili, se si creano sistemi di alimentazione ibridi o auto elet­triche. In quest’ottica, e visti i numeri delle ecomafie, non stu­pisce che uno dei green jobs sia il carabiniere in forza al Nucleo operativo ecologico. Ogni lavo­ro può essere verde: lo stilista sostenibile coniugherà l’esteti­ca con l’ambiente e i diritti (un po’ come Stella McCartney con il suo prêt-à-porter ecologico); l’avvocato ambientale sfrutterà il fatto che molte aziende avran­no bisogno di consulenze in materia; il marketing ambienta­le diventerà strategico; l’ecodi­plomazia sarà un settore fonda­mentale nei rapporti internazio­nali; le aree protette attireran­no turisti, che chiederanno pro­dotti locali e biologici e quindi sproneranno l’attività del setto­re agricolo. Uno studio uscito negli Stati Uniti a inizio 2009 da Fast Company, che si occupa di tendenze economiche, metteva il contadino al primo posto tra i 10 lavori del futuro per il merca­to Usa. Intanto, in Italia, ci sono aziende che investono nella ri­cerca e creano microrganismi non biotech in grado di trasfor­mare gli escrementi dei bovini allevati con antibiotici e ormo­ni in concime biologico, e altre che fanno pallet per imballaggi in legno certificato e convinco­no i clienti a comprare intere fo­reste ancora da piantumare, dal­le quali verrà il legno dei pallet futuri. Chissà investendo sulla prevenzione del dissesto idro­geologico quanti posti di lavo­ro nascerebbero attorno ai no­stri 28.021 km 2 di territorio a ri­schio frana o alluvione...

fonte: corriere.it

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