«L'Italia ha invertito il trend di crescita delle emissioni di gas serra - ha annunciato il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo - Secondo i dati 2008-2009, e le previsioni 2010-2010, le emissioni dell'Italia corrispondono agli stessi livelli del 1990 (510 milioni di tonnellate CO2), ovvero non c'è stata crescita delle nostre emissioni».
In effetti il trend delle emissioni complessive di Co2 del nostro paese mostra un andamento al ribasso già da quattro anni a questa parte: nel 2008, in base alle stime del Kyoto club sono state solo del 6% più alte rispetto al 1990, mentre nel 2004 la distanza rispetto all'anno base era arrivata a toccare l'11%.
Una stabilizzazione che secondo il ministro è «il risultato combinato degli elevati livelli di efficienza dell'economia italiana già raggiunti negli anni Ottanta, dell'ulteriore aumento dell'efficienza in molti settori industriali e degli effetti positivi della realizzazione delle prime grandi infrastrutture per il trasporto e la logistica, nonché della crisi economica che ha accelerato le ristrutturazioni dell'industria di base altamente energivora».
Un recupero che invece secondo quanto scriveva il direttore del Kyoto Club, Gianni Silvestrini, a febbraio «deriva dall'aumentato prezzo dell'energia, da inverni poco rigidi, dall'arrivo della recessione e per finire dai primi risultati delle politiche di efficienza energetica e di incentivazione delle rinnovabili».
Quindi il contributo delle politiche messe in atto per tagliare le emissioni climalteranti secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto c'è ma è marginale rispetto alle altre concause, perché secondo Silvestrini «la virtuosità del paese ha giocato finora un ruolo limitato».
Appare quindi troppo trionfalistica l'enfasi posta dal ministro Prestigiacomo a questi risultati quando sostiene che «la stabilizzazione delle emissioni mette in evidenza che negli ultimi 20 anni l'Italia ha realizzato una sostanziale "separazione" tra il ritmo di crescita del prodotto interno lordo e le emissioni di anidride carbonica, realizzando una delle migliori performance di efficienza energetica a livello europeo».
Una efficienza non riconosciuta dai dati della Commissione, che solo qualche mese fa avevano smentito la tesi del governo sulla maggiore efficienza delle imprese italiane rispetto a quelle degli altri Paesi europei.
La commissione era intervenuta nel dibattito scaturito in merito alle conclusioni del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87 CE per l'applicazione del Protocollo di Kyoto nell'Ue.
In merito a queste conclusioni il governo chiedeva la revisione dei piani di assegnazione nazionali che avrebbero penalizzato le imprese italiane, che anche allora, come oggi, venivano indicate come quelle capaci di migliori prestazioni in chiave di efficienza energetica
Secondo la Commissione le imprese industriali italiane che nel 2009 avranno emesso più CO2 di quanto gli consentivano le quote assegnate loro gratuitamente dal Piano nazionale delle emissioni (Nap), dovranno pagare un'ammenda e comprare sul mercato, entro il 30 aprile 2010, i permessi di emissione necessari a coprire il loro surplus.
Nessuno sconto quindi e nessun aiuto da parte pubblica sarà consentito, perché equivarrebbe a un aiuto di Stato vietato dalle norme comunitarie. Per i cosiddetti ‘nuovi entranti', ossia gli impianti che hanno iniziato la produzione dopo l'approvazione del Piano di assegnazione nazionale, la Commissione ha riconosciuto la possibilità che fosse lo Stato ad acquistare una quota di riserva pari a 16,93 milioni di tonnellate di Co2.
Nel 2008 sono state generati 8,9 milioni di tonnellate di CO2 in più rispetto alle quote distribuite dal governo con il Piano nazionale delle allocazioni 2008-2012.
La maggior parte delle emissioni in eccesso sono da addebitarsi al termoelettrico, che ha emesso 143 Mt CO2 contro i 132 allocati e alle raffinerie, mentre i diversi comparti industriali (cemento, carta, acciaio e altre materie prime essenziali) sono stati sotto i limiti assegnati.
Pertanto sarebbe necessario stabilire criteri per l'assegnazione delle quote gratuite che considerino l'efficienza in termini di emissione di Co2 degli impianti, mentre sarebbe assurdo, ad esempio che queste quote venissero assegnate a centrali a carbone come quella di Civitavecchia che, una volta entrata in funzione, da sola emetterà oltre 10 milioni di tonnellate di Co2 l'anno.
L'obiettivo di Kyoto prevede che le emissioni del quinquennio 2008-12 risultino inferiori del 6,5% rispetto al 1990, che secondo i dati del ministero equivarrebbero a ridurre le emissioni fino a 483 milioni tonnellate, quindi -rispetto ai dati registrati per il 2009- rimarrebbe un "gap" di circa 27 milioni di tonnellate.
«Questo obiettivo potrà essere raggiunto- secondo il ministro- sia attraverso ulteriori misure interne soprattutto per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, sia attraverso la valorizzazione dei "crediti di carbonio" generati dagli oltre 300 progetti realizzati dal ministero dell'Ambiente nei paesi in via di sviluppo per la diffusione delle fonti rinnovabili, l'aumento dell'efficienza energetica e la protezione delle foreste».
Secondo quanto sostenuto da Silvestrini, «contabilizzando un contributo delle nostre foreste di poco superiore a dieci milioni di tonnellate (Mt) di CO2 all'anno, il tasso annuo di riduzione delle emissioni per soddisfare Kyoto dovrebbe essere del 5,5%», ovvero un valore quasi triplo, rispetto ai tassi medi di riduzione registrati negli ultimi anni.
Per raggiungere l'obiettivo anche Silvestrini concorda che non basterà potenziare misure di politica interna di riduzione ma servirà anche stimolare le nostre imprese negli interventi all'estero.
In particolare secondo Silvestrini, «nell'attuale contesto di recessione economica le politiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile e delle rinnovabili andrebbero pensate come elementi decisivi del rilancio economico».
Misure che però paiono non essere nemmeno prese in considerazione dalla politiche governative, a partire dalla legge finanziaria in corso di discussione, in cui le risorse necessarie alle politiche di Kyoto sono ancora elemento di trattativa tra il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo e il collega dell'economia Giulio Tremonti.
fonte: greenreport.it
Nessun commento:
Posta un commento