Per circa 14 ore gli attivisti di Greenpeace hanno fermato le attività della centrale termoelettrica a carbone di Fiume Santo, in provincia di Sassari. L’occupazione si è conclusa grazie all’impegno dell’assessore regionale all’ambiente ad allineare il piano energetico al rispetto dei parametri europei
È durata circa 14 ore domenica scorsa l'occupazione di una quindicina di attivisti di Greenpeace della centrale termoelettrica a carbone di Fiume Santo, in provincia di Sassari, gestita dalla E.On Italia, la società del colosso energetico tedesco subentrata nella proprietà a Endesa Italia. La situazione si è sbloccata intorno alle 20 quando l'assessore regionale dell'Ambiente si è impegnato "ad allineare il Piano energetico della Sardegna al rispetto dei parametri europei, con l'obiettivo di superare entro il 2012 la percentuale del 20% di produzione da energie rinnovabili".
Era la dichiarazione formale chiesta dagli attivisti di Greenpeace, impegnati in una campagna contro il carbone e a favore dell'eolico. Il blitz è scattato alle 5:50: lasciata la barca appoggio cinque miglia al largo delle coste turritane, i "corsari" dell'ambiente hanno guadagnato la riva a bordo di gommoni per poi prendere possesso dell'impianto. Nel mirino, i piani di espansione del carbone della Regione Sardegna in contrasto con il rilancio dell'eolico nell'isola caldeggiato da Greenpeace: una fonte che se sfruttata adeguatamente creerebbe - secondo stime dell'associazione - oltre 7.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020.
La centrale ha funzionato per tutta la giornata alla minima potenza: l'azione degli attivisti, infatti, aveva bloccato il nastro trasportatore impedendo così il rifornimento del carbone. Cessata l'autonomia, il rischio di black out si poteva scongiurare solo passando all'alimentazione con olio combustibile. Sono state ore di trattative con i dirigenti di E.On fino all'arrivo dell'assessore regionale e del sindaco di Porto Torres e l'incontro che ha siglato la "pace" con gli attivisti. La situazione dentro e fuori la centrale è stata tenuta sotto controllo dalle forze dell'ordine che hanno inviato da Cagliari anche un reparto mobile della Polizia.
L'incursione in Sardegna rappresenta la seconda tappa del tour contro il carbone della Artic Sunrise in Italia, avviato giovedì scorso a Civitavecchia, con l'obiettivo di diffondere in Europa il messaggio di una "rivoluzione energetica pulita", in vista della Conferenza sui cambiamenti climatici dell'Onu del prossimo dicembre. La Sardegna, sottolinea Greenpeace, è una regione strategica per lo sviluppo dell'eolico in Italia. Nel 2007 la potenza eolica complessiva sull'isola ha raggiunto i 367 Mw, ma secondo un recente rapporto di Anev, potrebbe installare, nel pieno rispetto del paesaggio e dell'ambiente, circa 1.750 Mw, dando occupazione a oltre 7.000 persone e producendo circa 3 miliardi di kilowattora (il 25% del consumo interno della regione).
Prodotta con il carbone, questa energia emetterebbe oltre 2 milioni di tonnellate di Co2 all'anno. Prudente il sindacato. Secondo il segretario generale della Cgil di Sassari, Antonio Rudas, la posizione di Greenpeace sulle fonti rinnovabili è "assolutamente condivisibile" ma avverte: "le politiche alternative di sviluppo devono essere perseguite con giudizio e razionalità, senza ideologismi o estremismi che avrebbero come unico effetto quello di peggiorare l'attuale situazione". L'opposizione prende spunto dal blitz degli ambientalisti per rilanciare gli attacchi al governatore Renato Soru: "la produzione energetica da fonti rinnovabili in Sardegna è la più bassa d'Italia, meno del 5% - dice l'esponente dei Riformatori Franco Sergio Pisano - e il piano energetico regionale riserva appena 350 Mw di potenza alla produzione con l'eolico".
fonte: lanuovaecologia.it
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