Nessun potere di veto. La Francia, e dietro di lei i maggiori "soci" dell'Unione, sono talmente determinati a non cedere su questo punto che Sarkozy ha messo in chiaro oggi che anche l'arma del veto brandita dall'Italia è una minaccia spuntata. Il pacchetto legislativo su clima ed energia, ha chiarito, sarà approvato a dicembre come previsto con la procedura di "codecisione", vale a dire a maggioranza qualificata in Consiglio Ue e con un compromesso con il Parlamento europeo. Un modo per dire a Roma (Berlusconi nei giorni scorsi vantava di aver ottenuto che si andasse avanti solo in caso di unanimità) che volendo esistono margini per strappare qualche miglioramento e qualche concessione, ma che l'idea di fermare tutto non è proprio in discussione.
La replica della Prestigiacomo. Una vera e propria sfuriata, alla quale in tarda mattinata ha risposto il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo. L'Italia, è stata la replica, non ha alcuna intenzione di fare passi indietro nella lotta al cambiamento climatico, ma non può accettare un pacchetto "chiuso", deciso senza un reale confronto. In realtà il provvedimento 20-20-20 è stato ampiamente discusso ed emendato dall'Europarlamento e l'Italia ha già ottenuto ampi sconti rispetto alla cornice generale degli impegni. "Di drammatico - ha aggiunto il ministro - c'è la situazione economica e la rigidità di posizioni che rischia, questa sì, di non far raggiungere l'accordo che tutti auspichiamo".
L'insistenza di Berlusconi. A dare manforte alla Prestigiacomo ci ha pensato poi lo stesso Silvio Berlusconi. "Non possiamo noi, il paese più manifatturiero d'Europa con la Germania - ha detto il premier - caricarci di un costo che deprimerebbe la nostra economia in un momento di crisi come questo". Il provvedimento sul clima in discussione a livello europeo, ha aggiunto, "così come è stato presentato è irragionevole" e "noi non possiamo fare i Don Chisciotte".
Aperture Ue, ma alla Polonia. Sarkozy stamane ha concesso che l'Unione Europea "deve mostrare flessibilità per trovare un accordo sugli obiettivi del piano sul clima", ma la sua apertura sembra rivolta più all'opposizione che arriva dai paesi dell'Est (Polonia in testa) che non all'Italia. "Capisco le preoccupazioni di alcuni nostri partner", ha detto il presidente di turno Ue osservando che "ci sono alcune economie che puntano al 95% sul carbone e non li possiamo mettere in ginocchio. Bisognerà trovare delle linee di flessibilità nel rispetto degli obiettivi e del calendario".
Il nodo cinese. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha ricordato poi che dal punto di vista di Roma c'è "un problema di fondo". "Se gli Usa in primis, ma anche altri paesi come Cina e India, non fanno parte della partita, non si riuscirà mai a raggiungere questi obiettivi" di contenimento delle emissioni, ha sostenuto mostrando ancora una volta un approccio diametralmente opposto a quello europeo. La questione per Sarkozy va infatti rovesciata completamente. Secondo il presidente francese, se non approvasse il pacchetto sulle emissioni, "l'Ue invierebbe il segnale che l'Europa non tiene fede ai suoi impegni, e allora le chance di convincere gli altri sarebbero vicine allo zero". L'Europa, ha detto ancora il capo dell'Eliseo parlando con foga, "è all'appuntamento con la storia, lo fallirebbe se ripensassimo i nostri obiettivi e il calendario".
Parte il tavolo tecnico. Per capire se un'intesa malgrado tutto è possibile bisognerà attendere l'esito del "tavolo tecnico" richiesto ieri al Consiglio dei ministri dell'Ambiente dall'italiana Stefania Prestigiacomo per verificare ulteriormente i costi del pacchetto 20-20-20. Il confronto, ha chiarito Barbara Helfferich, la portavoce del Commissario europeo all'Ambiente Stavros Dimas, prenderà il via la prossima settimana attraverso "discussioni tecniche tra le autorità italiane e la Commissione europea".
fonte: repubblica.it
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