SCAMBIO DI EMISSIONI - Il veto a cui ha fatto riferimento il presidente del Consiglio riguarda la clausola Ets che consente lo scambio di emissioni di Co2. In pratica la norma, già contenuta nel protocollo di Kyoto, prevede che un'azienda che inquina meno dei parametri previsti possa acquisire inquinamento dietro compenso da aziende che altrimenti rischiano di infrangere il tetto di emissioni. Anche altri Paesi, tra cui Francia, Germania e Polonia, si sono espressi contro l'ulteriore ampliamento della norma. Nella "borsa delle emissioni" (sistema Ets) attualmente in vigore nell’Ue, e che applica la legislazione derivata dal Protocollo di Kyoto (periodo 2008-2012), a tutte le installazioni industriali, comprese le centrali termoelettriche, sono assegnate gratis le quote di Co2 che è possibile emettere. Anche in questo caso, se superano le quote, gli impianti devono acquistare sul mercato i diritti di emissione eccedenti. Nel pacchetto Ue sul dopo-Kyoto (2013-2020) è previsto che tutti gli impianti termoelettrici comprino all’asta il 100% dei loro diritti di emissione già a partire dal 2013.
«NON FACCIAMO I DON CHISCIOTTE» - «È una clausola ridicola, perché si creerebbe un nuovo mercato economico su titoli derivati che sarebbero tossici - ha spiegato il premier -. Le nostre imprese non sono assolutamente nella misura di sopportare i costi della regolamentazione proposta. Non crediamo che sia il momento di fare i Don Chisciotte, di andare soli quando i paesi grossi produttori di C02 come gli Usa e la Cina sono assolutamente negativi sul fatto di aderire alla nostra azione». Secondo il premier il pacchetto costerà all’industria automobilistica italiana «dai 160 ai 180 miliardi di vecchie lire», mentre «tutto il resto dell’economia dovrebbe addirittura pagare il prezzo di 25 miliardi di gravame all’anno». Il ministro degli Esteri Franco Frattini aveva aggiunto che «la parola d'ordine è flessibilità e sostenibilità. Se questi due elementi vengono inseriti, si può anche arrivare a un accordo». L'annuncio italiano e l'iniziativa polacca hanno rimesso in discussione la tabella di marcia per l'applicazione del pacchetto proposto dalla Commissione Ue, che si articolano in quattro direttive. Bruxelles intende applicare le decisioni assunte all'unanimità dai 27 a marzo 2007 che prevedono, entro il 2020, una riduzione del 20% di emissioni di gas nocivi rispetto ai livelli del 1990, un aumento del 20% di consumi da energie rinnovabili e un incremento del 20% dell'efficienza energetica.
ACCORDO ENTRO DICEMBRE - Nell'ultima versione delle conclusioni, il Consiglio dà mandato «alla presidenza e alla commissione di organizzare un intenso lavoro nelle prossime settimane allo scopo di trovare risposte appropriate alla sfida di applicazione del pacchetto, in modo tale da tener conto rigorosamente dei costi-benefici per tutti i settori della economia europea e di tutti gli Stati membri, avendo riguardo per la specifica situazione di ogni Stato membro». Il Consiglio europeo ha riaffermato «che il suo obiettivo è di raggiungere un accordo in dicembre». Anche nell'ultima versione delle conclusioni, viene confermata «la determinazione ad onorare gli impegni ambiziosi assunti sul clima e la politica energetica».
PROTESTA DI GREENPEACE - Nella notte alcuni attivisti di Greenpeace sono entrati nel cantiere della centrale Enel di Torrevaldaliga Nord a Civitavecchia per protestare contro «l'ostilità del governo italiano al pacchetto clima ed energia dell'Ue». «La volontà del governo è quella di sabotare il percorso per la seconda fase del Protocollo di Kyoto e far saltare le uniche possibilità concrete di ridurre le emissioni» ha spiegato Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne di Greenpeace. «La recente conversione a carbone della centrale di Civitavecchia - ha aggiunto Francesco Tedesco, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace - rappresenta il fallimento della politica energetica italiana verso la riduzione delle emissioni di gas serra. Una volta in funzione, la centrale immetterà in atmosfera oltre 10 milioni di tonnellate di Co2, pari alle emissioni di due milioni di Suv. Per questo Greenpeace chiede una moratoria sulle centrali a carbone». Mercoledì l'organizzazione aveva denunciato la posizione dell'Italia al vertice Ue: «Se questa deve essere la funzione del ministero dell'Ambiente, tanto vale chiuderlo, visto che l'impegno ambientale del ministro non è migliore di quello di Confindustria». Risposta del portavoce del ministro Prestigiacomo: «Siamo per lo sviluppo sostenibile, non per le declamazioni insostenibili che ci hanno portato ha sforare del 13,5% gli impegni di Kyoto. Non dovrebbe sfuggire ai tanti che invocano questo pacchetto che i costi li pagherebbero i cittadini con rincari delle bollette e bei beni di consumo»fonte: corriere.it
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