La scelta dei parametri. La graduatoria finale della qualità ecologica dei 103 capoluoghi di provincia italiani stilata in collaborazione con il centro studi Ambiente Italia emerge dall'incrocio di oltre 125 mila dati ricavati da informazioni e statistiche riferite a 125 parametri che vanno dall'affidabilità del trasporto urbano alla superficie verde per abitante, dall'efficienza del sistema idrico alla qualità dell'aria, dai chilometri di piste ciclabili alla quantità di acque reflue depurate, dalla diffusione delle energie rinnovabili alla gestione dei rifiuti e alla loro raccolta differenziata.
Il declino della capitale. Tutti aspetti della buona amministrazione sui quali la giunta di Letizia Moratti nel 2007, l'anno fotografato dalla ricerca, ha evidentemente ottenuto spesso risultati migliori di quella guidata da Walter Veltroni. Milano batte ad esempio Roma in raccolta differenziata (31% contro 17%), isole pedonali, e piste ciclabili. "La capitale - spiega il portavoce di Legambiente Alberto Fiorillo - paga un indebolimento nelle strategie a sostegno della mobilità avvenuto a fine legislatura e un sostanziale immobilismo che ha permesso a Milano, malgrado non abbia fatto che progressi limitati, un clamoroso sorpasso".
La top five. Un successo, insomma, quello del capoluogo lombardo, tale solo se ci si limita a osservare il derby tra le due metropoli. Le performance della capolista Belluno e delle altre città che la seguono in classifica (Siena è seconda, Trento terza, Verbania quarta e Parma quinta) sono infatti ben altre.
Il successo di Belluno. Il capoluogo dolomitico, segnalano i curatori di Ecosistema Urbano 2009, "pur senza primeggiare in quasi nessuno dei parametri selezionati ha comunque buone performance in tutti i settori, senz'altro superiori alla media". A Belluno, ad esempio, il dato annuale delle polveri sottili presenti nell'aria dal 2006 al 2007 scende da 26 a 23 microgrammi per metro cubo, ampiamente entro i limiti di legge. La raccolta differenziata è al 57,4%, una percentuale ottima. Comportamento virtuoso che si somma a una bassissima produzione di rifiuti. Il trasporto pubblico è giudicato positivamente, le bici hanno piste a sufficienza (4,6 metri per abitante) e anche la superficie riservata alle zone pedonali è in costante crescita.
Questione di volontà. A spiegare la ricetta del successo è ancora Fiorillo. "Dietro le città che migliorano o che peggiorano nella loro qualità ambientale - chiarisce - ci sono poche condizioni oggettive. C'è la qualità del governo locale e anche (non ultimo) la qualità della cultura civica locale. Questo e non altro spiega perché qualcuno migliora, molti vivacchiano, altri addirittura peggiorano".
Il Sud resta indietro. Certo, come ogni anno, la classifica complessiva mostra una netta frattura tra Nord e Sud del Paese, con la presenza di due città del Mezzogiorno, Cagliari e Caserta, solo dopo la 35esima posizione, mentre tutta la parte bassa della graduatoria è monopolizzata dai centri di Sicilia, Calabria, Lazio e Campania. "Ma - avverte ancora Fiorillo - sgombriamo il campo dall'idea che queste città siano in ritardo perché (o solo perché) a più basso reddito: Frosinone, ultima in classifica, ha lo stesso Pil procapite di Verbania, che figura invece tra le prime cinque".
Morale agrodolce. Il dolce è rappresentato dal fatto che non ci sono ostacoli insormontabili o mancanza di soluzioni quando c'è la volontà di affrontare il tema della qualità ambientale. L'agro, il molto agro, è rappresentato dal fatto che questa volontà in Italia è ancora molto poco diffusa e si limita a poche città virtuose. "I numeri - si legge nella sintesi della ricerca - mettono in risalto un'Italia delle città davvero strana, piena di contraddizioni. Con alcune esperienze avanzate in diverse aree del Paese (il teleriscaldamento, una raccolta differenziata spinta) che si perdono in una generale mediocrità delle politiche ambientali".
Occasioni perdute. E non è tutto. Questa mediocrità, sottolinea ancora Ecosistema urbano - ha mandato sprecate due grandi occasioni per voltare pagina. La prima è che malgrado la folle corsa dei prezzi sia partita proprio nel 2007, i consumi energetici e petroliferi delle città sono rimasti praticamente identici a quelli dell'anno prima. La seconda è legata al fatto che la crisi dei rifiuti in Campania, esplosa clamorosamente nel 2008, ma ampiamente documentata e conosciuta già nel 2007, ha "influenzato poco le scelte generali delle amministrazioni locali e di quella nazionale", così come non ha portato le imprese a impegnarsi "nell'abbattimento delle quantità di imballaggi e plastica". Con il risultato che la produzione media di rifiuti dal 2006 al 2007 è cresciuta di un chilogrammo a persona.
Sindaci e Stato. A conferma, come conclude la ricerca, che "le colpe della staticità delle città sono varie e non sempre ricadono sui sindaci: non è colpa degli amministratori locali se da molti anni lo Stato investe poco nelle infrastrutture per il trasporto urbano", anche se questo dato "viene spesso usato come alibi dai primi cittadini che molte cose utili potrebbero farle a costo zero", dall'introduzione del road pricing all'aumento delle corsie preferenziali .
fonte: repubblica.it
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