martedì 7 ottobre 2008

Quando l'energia nasce dalle onde

È UN GIACIMENTO sterminato, che occupa oltre il 70% della superficie del pianeta e ora lo stanno scoprendo le grandi compagnie mondiali dell'energia. Onde, correnti, maree sono le nuove fonti rinnovabili sulle quali hanno messo gli occhi, e ora cercano di mettere le mani, colossi come la Chevron. La possibilità di ricavare energia dai movimenti del mare è studiata da ormai cento anni e negli anni '70, in concomitanza con la prima crisi petrolifera, le ricerche si intensificarono. Quando il prezzo del petrolio calò, intorno al 1980, l'idea di sfruttare l'energia marina fu messa da parte, ma ora le istanze ambientaliste e il nuovo aumento del petrolio danno impulso al settore. Il World Energy Council (WEC) di Londra ha stimato nel 2007 che il 15 per cento del fabbisogno elettrico mondiale potrebbe essere coperto da impianti di sfruttamento del moto ondoso dei mari. Questa quantità sarebbe il doppio di quella attualmente prodotta dalle centrali nucleari. E in più ci sarebbero le correnti e le maree.

Colossi all'attacco. La prima azienda a scommettere sull'energia marina è stata la Enersis, che nel 2005 ha siglato un accordo per costruire un impianto nel Nord del Portogallo. Quando l'intesa fu annunciata sembrò un passo rivoluzionario. A due anni di distanza a scommettere sull'energia marina sono sempre di più e tra questi aziende votate da sempre all'energia tradizionale. "Chevron sta studiando le tecnologie sull'energia oceanica - ha dichiarato il portavoce di una compagnia consociata al colosso petrolifero statunitense al quotidiano economico Wall Street Journal - e sta valutando la possibilità di cooperare con noi". La cooperazione in questione riguarda l'ottenimento di un permesso dalla commissione statunitense per l'energia, necessario per avviare un progetto di sfruttamento dell'energia marina in Alaska. È un segnale non da poco, soprattutto se si considera che proprio in Alaska gli Usa continuano a estrarre petrolio e recentemente il presidente Bush ha avviato un piano per nuove trivellazioni.

Oltre alla Chevron ci sono la Verdant Power Inc. di New York e la Ocean Power del New Jersey a percorrere la strada dell'energia che viene dal mare e le somme investite finora, per quanto non note nei dettagli, indicano secondo gli osservatori un interesse in ascesa.

Tecnologia da mettere a punto. Gli esperti parlano di una tecnologia ancora agli albori, anche perché l'energia marina non fuga tutti i dubbi sull'impatto ambientale. Per ora gli impianti come quello portoghese o alcuni in Scozia sono di piccole dimensioni e non sembrano creare grossi problemi all'ecosistema. Per produrre energia su larga scala, però, si devono usare tecnologie con un maggiore impatto ambientale. E le scelte sono diverse: la Ocean Power, per esempio, usa un sistema di boe collegate tra di loro. La spinta delle onde, che fa muovere le boe su e giù è convertita in pressione idraulica da pistoni e cilindri all'interno dei galleggianti. La pressione fa girare una turbina che a sua volta alimenta un generatore. L'elettricità è mandata a riva attraverso cavi sottomarini. Per ora ci sono quattro impianti di questo tipo in via di progettazione, in attesa solo dell'approvazione federale e parte dell'energia potrebbe servire per un'installazione militare.

La Verdant Power, invece, produce già energia per un centro commerciale e un parcheggio usando sei turbine sottomarine nell'East River di New York. Il movimento dell'acqua quando ci sono le maree fa girare le pale delle turbine, creando un movimento rotatorio che alimenta un generatore. La Verdant ha detto che ha un lungo elenco di clienti in attesa delle necessarie autorizzazioni per usufruire dell'energia.

Dopo le onde, le maree. Un interesse particolare, dicono all'Istituto per la ricerca dell'energia elettrica, merita in questo momento il potenziale delle maree. Sebbene si tratti di un fenomeno intermittente, la marea è più prevedibile del vento, del sole o delle onde e quindi più affidabile come fonte di energia. È proprio sull'energia delle maree che stati come quello di New York, Maine e Alaska, insieme ad altri che si affacciano sulle coste, hanno già investito 7 milioni e mezzo di dollari nel 2008 e previsto investimenti fino a 35 milioni per il 2009.

fonte: repubblica.it

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