venerdì 28 marzo 2008

Danni causati dal fatto illecito del dipendente: responsabilità indiretta dell'azienda

Con sentenza del 6 marzo 2008, n. 6033, la sezione terza della Corte di Cassazione ha ribadito che, se il dipendente pone in essere un fatto illecito cagionando danni a terzi, ne risponde indirettamente anche il datore di lavoro.

Fatto e diritto
Il cliente aveva chiesto al giudice che una banca cooperativa a responsabilità limitata ed un suo funzionario fossero condannati al pagamento di una ingente quota di denaro affidata dal cliente stesso con più versamenti in gestione finanziaria al dipendente della Banca stessa e da questi non restituita.
La responsabilità della Banca, ad avviso del cliente, discendeva dall’art. 2049 c.c. poiché la condotta del dipendente della Banca era stata posta in essere nell'esercizio delle incombenze lavorative, ed in considerazione del fatto che le mansioni dallo stesso svolte (funzionario di banca da oltre venti anni) avevano reso possibile ed agevolato il fatto dannoso. Infatti i singoli versamenti di danaro erano stati effettuati «anche» presso gli uffici della Banca ove il funzionario prestava la attività lavorativa in qualità di vice capo reparto titoli ed erano state annotate in un libretto corrispondente in tutto e per tutto alla modulistica in uso presso la Banca.
La sentenza di rigetto della domanda del primo giudice era stata integralmente confermata dalla Corte d'Appello.
La giurisprudenza richiede, ai fini della configurabilità della responsabilità indiretta, di cui all'art. 2049 codice civile, che tra le mansioni affidate e l'evento denunciato sussista un nesso di causalità, sotto l'aspetto del «rapporto di occasionalità necessaria».
In altre parole, l'incombenza affidata al lavoratore deve essere tale da determinare una situazione che renda possibile, o anche soltanto agevole, la consumazione del fatto illecito e, quindi, la produzione del fatto dannoso, anche se il lavoratore abbia in effetti operato oltre i limiti dell'incarico affidatogli e contro la volontà del committente, ovvero abbia agito con dolo, purché nell'ambito delle proprie mansioni.
Orbene, tutti questi elementi erano certamente presenti nel caso di specie, nel quale il funzionario aveva ripetutamente ricevuto il cliente negli uffici della Banca, provvedendo personalmente ad annotare ogni versamento effettuato a sue mani sull'apposito libretto in uso presso la Banca.
Vi era, dunque, piena prova del fatto che il dipendente avesse approfittato della sua qualità di vice capo ufficio del reparto titoli presso la stessa Banca per farsi consegnare importi ingenti di denaro dal cliente con la promessa di un successivo investimento di tali somme per il tramite della Banca.
Tutte queste circostanze, ad avviso del cliente ricorrente, avevano indubbia rilevanza ai fini dell'accoglimento della domanda proposta contro la Banca.
Tuttavia, i giudici di appello non avevano tenuto conto delle circostanze di fatto dedotte, rifiutandosi persino di ammettere le prove testimoniali articolate su tale punto, impedendo all'attore di fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda.
Avverso questa decisione il cliente ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione, si applica il principio sancito dall'art. 1228 c.c., secondo cui il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro e costituisce l'estensione alla sfera contrattuale delle norme contenute negli articoli 2048 e 2049 c.c.
Il dolo o la colpa vanno, infatti, valutati con riferimento al solo fatto dell'ausiliario e non al comportamento del debitore e non ha rilievo quel diverso orientamento dottrinale e giurisprudenziale che parla, a questo riguardo, di presunzione assoluta di colpa.
La responsabilità per i danni cagionati dal dipendente sono posti a carico dell'impresa.
Presupposti per l'applicazione dell'art. 1228 e dell'art. 2049 c.c. sono dunque:
a) l'esistenza di un danno causato dal fatto dell'ausiliario;
b) l'esistenza di un rapporto tra «ausiliario» e «debitore o committente» (definito rapporto di preposizione);
c) la relazione tra il danno e l'esercizio delle incombenze dell'«ausiliario» (cd. occasionalità necessaria).
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che «in tema di fatto illecito, con riferimento alla responsabilità dei padroni e committenti, ai fini dell'applicabilità della norma di cui all'art. 2049 cod. civ. non è richiesto l'accertamento del nesso di causalità tra l'opera dell'ausiliario e l'obbligo del debitore, nonché della sussistenza di un rapporto di subordinazione tra l'autore dell'illecito ed il proprio datore di lavoro e del collegamento dell'illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente”.
Per la Cassazione, infatti, è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria per determinare indirettamente la responsabilità della banca.
Per la Cassazione, i giudici di appello non hanno tenuto conto di quanto affermato dalla Corte per cui «ai fini della configurabilità della responsabilità indiretta del datore di lavoro ex art. 2049 c.c., non è necessario che fra le mansioni affidate e l'evento sussista un nesso di causalità, essendo invece sufficiente che ricorra un semplice rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l'incombenza affidata deve essere tale da determinare una situazione che renda possibile, o anche soltanto agevoli, la consumazione del fatto illecito e, quindi, la produzione dell'evento dannoso, anche se il lavoratore abbia operato oltre i limiti dell'incarico e contro la volontà del committente o abbia agito con solo, purché nell'ambito delle sue mansioni»
Pertanto la Cassazione ha cancellato la sentenza della Corte d’Appello ritenendola contraddittoria nella parte in cui la stessa, da un lato, ha riconosciuto che almeno una parte dei versamenti in danaro erano avvenuti proprio nell'ufficio del Colombo e durante l'orario di lavoro e, dall'altro, ha poi escluso qualsiasi rilevanza a tale circostanza con il rilievo che questi versamenti non erano stati effettuati «mai allo sportello».
La Corte accoglie il ricorso Cassa e rinvia alla Corte di Appello.

Suprema Corte di Cassazione, sezione terza, sentenza n. 6033 del 6 marzo 2008

fonte: newsfood.com

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