Con sentenza del 12 febbraio 2008, n. 3317, la sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che, se il datore di lavoro corrisponde in aggiunta alla retribuzione per il lavoro straordinario anche delle prestazioni in natura (come l’offerta di un pranzo di lavoro) e se manca una manifesta volontà delle parti, il lavoro straordinario deve comunque essere corrisposto e non può essere compensato con il valore dei pasti.
Fatto e diritto
La società aveva fatto ricorso in appello contro la sentenza del Tribunale, con la quale era stata condannata a pagare ad una ex dipendente il corrispettivo relativo ad alcune ore di lavoro straordinario.
La società aveva sostenuto che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto la nullità del contratto di formazione e lavoro stipulato con la dipendente e lamentava, inoltre, che il giudice di primo grado non avesse applicato il R.D. n. 2657/1923 riguardante le prestazioni discontinue né avesse tenuto conto delle prestazioni in natura erogate a favore della lavoratrice.
La Corte di Appello accoglieva la riforma della decisione di primo grado in quanto riteneva fosse stato dimostrato che la datrice di lavoro, oltre a corrispondere la retribuzione in denaro, avesse erogato prestazioni in natura, consistenti nei cibi necessari per la consumazione della colazione e del pranzo. Tali prestazioni in natura, ad avviso del giudice di appello per la Corte d’Appello compensavano quanto dovuto alla lavoratrice per il lavoro straordinario.
La dipendente allora è ricorsa in Cassazione.
Le ragione della dipendente
Per la dipendente, la Corte d’Appello aveva disatteso l'orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le erogazioni da parte del datore di lavoro di prestazioni in natura fanno parte della retribuzione e, se effettuate in modo continuativo a favore della generalità dei dipendenti, assumono la natura di emolumento dovuto per uso aziendale.
Pertanto la dipendente ha sostenuto che la Corte d’appello non avrebbe potuto in nessun caso compensare le prestazioni in natura con il lavoro straordinario, dovendosi ammettere in caso contrario che essa ricorrente svolgesse lavoro straordinario ogni giorno per pagarsi la consumazione dei pasti, ipotesi assurda che dimostrerebbe l'infondatezza della decisione.
La decisione della Corte di Cassazione
Per la Cassazione, la Corte d’Appello non ha ben valutato che la compensazione era stata fatta dal datore di lavoro senza che fosse stata accertata l’esistenza di una specifica ed univoca volontà delle parti in tal senso. Pertanto la sentenza deve essere cancellata con rinvio della causa ad altro giudice che dovrà, tra le altre cose, accertare se sia stata o meno manifestata tale volontà.
Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 3317 del 12 febbraio 2008
fonte: newsfood.com
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