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di FABIO DESSÌ L’ora delle celebrazioni ufficiali, tra discorsi di rito e scambio di bandiere, si è già consumata il 24 gennaio con la partenza della nave appoggio per sottomarini a propulsione nucleare Emory Land. Gli ultimi marines stanno lasciando La Maddalena in questi giorni. Cala così il sipario su 35 anni di presenza della Us Navy in un angolo del Mediterraneo diventato Parco nazionale per la sua bellezza mozzafiato. Una stagione, quella appena conclusa, segnata da momenti drammatici. Come gli incidenti ai sommergibili Oklahoma City (2002) e Hartford (2003), con gli allarmi per l’aumento di malformazioni fetali attribuite alla radioattività. Guai però a pensare che nell’isola prevalga un senso di liberazione: i maddalenini sono preoccupati. Una preoccupazione che negli ultimi mesi si è fatta tensione: il Comune vuole abolire il Parco, la Regione Sardegna sta per ricevere dal ministero della Difesa terreni e beni utilizzati dagli americani che fanno gola a molti mentre l’economia locale è in ginocchio. Sullo sfondo la questione della bonifica, passata in secondo piano dopo l’annuncio che l’arcipelago ospiterà il G8 del 2009. Una pioggia di euro sta per abbattersi sulla Maddalena. E molti più che i black bloc temono la nascita di una Costa Smeralda bis. C’ERAVAMO TANTO ARMATI Come ogni addio anche quello degli americani lascia un senso di insicurezza. Per rendersene conto basta entrare in uno dei tanti bar che ancora espongono messaggi di goodbye and thanks e ascoltare i discorsi degli isolani. «Viviamo alla giornata», ripetono i più giovani. Qualcuno se la prende con la comunità romena e sui muri del corso, a due passi dal Comune, spuntano scritte razziste. Qui i disoccupati sono oltre duemila – il 16% della popolazione – e la partenza dei militari significa innanzitutto perdita di altri posti di lavoro: 182 direttamente impiegati dagli Usa, duecento circa quelli dell’indotto. Ma significa anche zero dollari per le attività commerciali. Senza parlare degli appartamenti lasciati sfitti, che dovrebbero aggirarsi intorno ai cinquecento. È per questo che gran parte della popolazione e dei politici, senza distinzioni fra il centrosinistra che amministra il Comune e l’opposizione, ha accolto con gioia la decisione del governo Prodi di ospitare nella terra che fu di Garibaldi il G8 del luglio 2009. Un treno da non perdere per riconvertire l’economia, dicono in coro. «È la giusta ricompensa per la convivenza con gli americani – taglia corto Vincenzo Belli, capogruppo del Pd in Consiglio comunale – Solo una legge speciale come quelle che si fanno per i terremotati può aiutarci a riprendere in mano il futuro». Per Roberto Zanchetta dei Comunisti italiani, il G8 «farà arrivare parecchi soldi e poi è una scorciatoia alla burocrazia: Stato, Regione, Parco... La nostra vocazione – chiarisce – è quella turistica, anche se questo dovesse costare la trasformazione della Maddalena in località esclusiva. Mettiamo da parte le ideologie: non possiamo mangiare panini a pranzo e pizza a cena». L’OMBRA DELL’AGA KHAN Al di là della valenza politica della scelta, che nel resto della Sardegna sta scatenando polemiche, il summit crea le condizioni per un cambiamento radicale: la disponibilità di risorse per ridisegnare il centro abitato e le scorciatoie per farlo. Il governo ha affidato la regia dell’operazione a Guido Bertolaso, che ha messo in moto la macchina con un primo budget di 30 milioni di euro. A questi vanno aggiunti gli altri 129 in arrivo più 2 stanziati dall’ultima Finanziaria e 10 dalla Regione. I lavori dovrebbero partire a fine mese ma al momento di scrivere nessun cantiere è aperto. L’area destinata ad essere la zona rossa è quella che va dall’ospedale militare all’Arsenale. È in questo perimetro che nei primi quattro giorni di luglio saranno ospitate le delegazioni dei capi di Stato. Le indicazioni nel decreto di nomina di Bertolaso sono chiare: tutto va progettato per essere riconvertito in chiave turistica. E quello che sarà il cuore del summit, l’Arsenale, diventerà l’anima del nuovo sviluppo: un polo cantieristico per la nautica. In pole per aggiudicarsi l’appalto c’è il solito Aga Khan, tallonato da Ernesto Bertarelli. Il patron di Alinghi voleva La Maddalena già per l’America’s Cup 2007 ma si optò per Valencia dopo il niet delle autorità militari Usa. STELLE & STELLETTE Zona rossa a parte, le procedure commissariali per il G8 apriranno i varchi delle deroghe a tanti progetti privati. Non si potranno scavalcare le norme comunitarie ma La Maddalena potrebbe uscirne segnata: dall’ampliamento del porto turistico allo spostamento di quello commerciale, fino all’idea di costruire un casinò o fare dell’Opera pia il terzo teatro lirico della Sardegna. C’è poi il capitolo alberghi: a gennaio è arrivata la richiesta di integrazione ai nove progetti (su ventidue presentati) promossi dal tavolo tecnico dell’assessorato regionale all’Urbanistica. Spicca quello dell’Immobiliare Lombarda di Salvatore Ligresti, che per 13 milioni di euro ha rilevato dalla Seis (Impregilo) il villaggio Trinita, che ospitava gli americani: 134 villette per 60.000 metri cubi. Il progetto prevede la realizzazione di due alberghi e la riqualificazione delle abitazioni. C’è poi quello della Sviluppo Vacanze per riqualificare un albergo e costruire un porticciolo a Porto Massimo. E ancora quelli del Club Med, Valtour, Touring Club e via costruendo. Fino ad arrivare all’ex quartier generale della Us Navy nella centralissima via Principe Amedeo, realmente destinato a passare dalle stellette militari alle cinque stelle extralusso. IL VASO DI PANDORA Va detto che non tutti credono che il G8 sia la manna piovuta dal cielo. «Hanno scelto La Maddalena per questioni di sicurezza e dà fastidio che lo spaccino come un regalo» dice nella sua cartolibreria Franco Lullia, rappresentante di Confcommercio. «Era necessario organizzare un evento così in una regione che ha pagato tanto, e continua a farlo, alla sicurezza nazionale? G8 o no dobbiamo metterci tutti in discussione. La nostra era un’economia drogata: chi ci insegna a vivere nel libero mercato?». Anche nelle fila di chi confida nell’evento per risollevare le sorti della comunità, le posizioni sono diverse. Discutono su dove spostare il porto commerciale – Padule o Santo Stefano – come se a decidere fossero loro. Il blogger Adolfo Impagliazzo (lamaddalena-isola.blogspot.com) rilancia la vecchia idea di un collegamento fisso – ponte più tunnel sottomarino – fra La Maddalena e Palau. Un progetto irrealizzabile in un’area protetta ma che lui, come l’associazione Sos Gallura, ritiene «indispensabile per rompere l’isolamento di un’isola dell’isola, svegliare dall’apatia i maddalenini». Lorenzo Porcheddu della Cgil fa invece notare: «È la seconda crisi che stiamo vivendo: la prima si è consumata tra il ‘95 e il 2001, quando la Marina militare italiana ha progressivamente portato i posti di lavoro da 800 a 400. L’addio degli americani ha solo scoperchiato il vaso di Pandora». TUTTI CONTRO IL PARCO Scoperchiando il vaso è tornato sotto il sole il conflitto che vede Regione, Provincia e Comune schierati contro il Parco: i tre enti vogliono cancellare i criteri di nomina sanciti da Roma e creare un organismo di tutela espressione delle comunità locali. Per questo non sono entrati nel consiglio direttivo. Il presidente Giuseppe Bonanno – maddalenino, 31 anni – ha scelto di andare avanti e lo scorso 4 febbraio ha presentato le linee programmatiche dell’ente. I più maliziosi sostengono che motivo del contendere sia il potere che la legge dà al Parco in materia di beni demaniali. «Non conta a chi andranno quei beni – dice Bonanno dal suo ufficio con vista sul mare – Dovranno però essere gestiti come prevede la legge. Quelle strutture non possono essere alberghi ma musei, centri di educazione ambientale… Di proprietà della gente, non a beneficio di qualcuno». Il Consiglio comunale, che due volte ha votato all’unanimità mozioni fotocopia per abrogare il Parco, promette battaglia. «Troppi vincoli – è la tesi dominante – In nessun altro caso i confini di un Parco coincidono con quelli di un Comune. Organizzeremo un referendum che darà una grande maggioranza a chi il Parco non lo vuole più». VERITÀ AL LARGO Resta aperta la questione della bonifica. Tramite la Marina italiana, gli americani hanno fatto sapere di aver recuperato 500 tonnellate di materiali ferrosi e chiedono alle agenzie di controllo e alle istituzioni di certificare che tutto è ok. Apat e Arpas hanno però giudicato insufficienti sia le operazioni di bonifica che i risultati dei monitoraggi radiometrici. La Provincia Gallura chiede chiarezza. Renato Soru, in una lettera a Prodi, ritiene «urgente attivare tutte le misure per caratterizzare e bonificare le aree utilizzate dalla Marina militare americana». La verità è che dopo gli incidenti del 2002 e 2003 non è stata fatta un’indagine attendibile sull’inquinamento delle acque dell’arcipelago. Nonostante nel 2004 l’istituto francese Criiad denunciasse come tra La Maddalena e Bonifacio i valori di radioattività fossero 400 volte superiori alla norma. Nello stesso anno un’indagine di Legambiente e dell’università della Tuscia segnalava inoltre la presenza di radionuclidi trans-uranici: frammenti che potrebbero innescare problemi di mutazioni genetiche a partire dai primi anelli della catena alimentare e che non derivano da decadimenti naturali ma da processi che avvengono per la propulsione nucleare o nei disastri nelle centrali atomiche. Oggi la gran parte dei politici locali si dice certa che le loro acque siano pure. Per Rosanna Giudice – sindaco di An dal 2002 al 2004 – la storia dell’inquinamento è stata utilizzata per attaccare gli Usa e il governo Berlusconi allora in carica: «Restai di sasso quando mio figlio mi chiese se stavo nascondendo qualcosa – ricorda – Feci fare tutte le analisi ma non rilevarono nulla di preoccupante». Roberto Zanchetta invita a non prendere l’argomento alla leggera: «Solo dopo aver fatto delle analisi serie potremo sapere la verità. Per questo l’amministrazione comunale ha querelato il manifesto». La colpa del quotidiano sarebbe quella di aver titolato: “Gli americani lasciano La Maddalena ma lasciano una pesante eredità nucleare”. FUTURO IN TESTA Insomma, sotto il cielo dell’arcipelago regna la confusione. Per Mario Birardi – ex senatore del Pci e sindaco alla Maddalena dal ‘98 al 2002, oggi grande studioso di Garibaldi – dopo la partenza degli americani e con il G8 dietro l’angolo si apre una fase ricca di opportunità e rischi. «Temo che si concentreranno sulla sola zona rossa – avverte – Ma in questi mesi bisogna a tutti i costi gettare le basi per gli altri interventi, che vanno individuati con precisione e senza strafare. Dobbiamo mettere da parte la grande opinione che abbiamo di noi stessi, piantarla con il nostro tipico mugugno e creare uno spirito comunitario». I maddalenini non vogliono che il loro futuro faccia la fine della statua di Ciano, consuocero di Mussolini. Commissionata dal regime fascista: doveva essere alta ben 13 metri ma dal 1943 giace nelle cave di granito sull’isola di Santo Stefano. Con la testa circondata dai pezzi di un corpo che forse non verrà mai ultimato. fonte: lanuovaecologia.it |
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sabato 15 marzo 2008
LA MADDALENA LIBERA
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