Con sentenza del 25 febbraio 2008, n. 4718 la sezione terza civile della suprema Corte di Cassazione ha chiarito che è a carico del datore di lavoro la responsabilità oggettiva che deriva dall’incidente occorso al lavoratore e che poteva essere evitato con la predisposizione di dispositivi di sicurezza sul macchinario utilizzato dallo stesso.
Per la Cassazione, la circostanza indicata dalla titolare dell’impresa (secondo cui la stessa vittima avrebbe manomesso i pistoni di aggancio del cassone al carrello creando la situazione di pericolo) non sarebbe significativa anche se il dipendente era stato debitamente istruito circa il funzionamento della macchina e delle sue diverse parti e circa i pericoli che essa poteva presentare o se era stato espressamente diffidato dall'eseguire il lavoro o dal compiere le manovre che hanno creato la situazione di pericolo.
Fatto e diritto
Un dipendente era deceduto a seguito di un infortunio all'interno di una cava di pietra a causa del malfunzionamento di macchinari aziendali. L’incidente, in particolare, era occorso mentre eseguiva lavori di manutenzione su di un autocarro provvisto di cassone ribaltabile, a causa dell'improvvisa chiusura del cassone che l'operaio aveva sollevato per eseguire i lavori.
La vedova dello stesso dipendente era stata condannata al risarcimento dei danni dal Tribunale adito dall’azienda perchè gli accertamenti compiuti dai carabinieri, dall'Ispettorato provinciale del lavoro di Foggia e dalla Regione Puglia avevano accertato che la vittima aveva manomesso gli spinotti siti sul carrello e non aveva utilizzato i puntelli di sostegno del cassone durante l'esecuzione dei lavori.
Le indagini iniziate a carico dell'impresa dalla Procura della repubblica di Foggia sono state pertanto archiviate.
Gli eredi del dipendente, però, hanno convenuto la titolare della società davanti al Tribunale per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a causa della morte del loro congiunto.
La società ha resistito alle domande, affermando che l'incidente era da ascrivere alla colpa esclusiva della vittima.
Nel corso del giudizio è volontariamente intervenuto l'Inail, chiedendo il rimborso delle prestazioni erogate in. favore dei superstiti, ed è stata disposta ed esperita perizia dal CTU sulle cause del sinistro e sulle misure antinfortunistiche adottate dall'impresa.
Il Tribunale ha attribuito alla titolare dell’impresa la responsabilità dell'incidente e l'ha condannata a pagare agli attori il risarcimento del danno biologico da essa subito, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali su tutte le somme, mentre si è dichiarato incompetente a decidere sulla domanda dell'Inail, ritenendo la causa di competenza del giudice del lavoro.
La titolare dell’impresa è ricorsa in Corte d’Appello, chiedendo il rigetto di tutte le avversarie domande e la dichiarazione di inammissibilità della domanda della vedova di risarcimento del danno biologico, perché non tempestivamente proposta. In subordine, ha chiesto che venisse accertato quanto meno il concorso di colpa della vittima, previo esperimento di nuova perizia Ctu alla luce degli accertamenti contenuti in una perizia di parte da essa depositata.
La Corte di appello ha respinto l'appello, ponendo a carico dell'appellante le spese del grado.
La titolare dell’impresa è ricorsa allora in Cassazione.
La decisione della Cassazione
La Cassazione ha ribadito la responsabilità oggettiva dell’impresa condividendo le argomentazioni della Corte d’Appello, a prescindere dalle considerazioni fornite dalla titolare della stessa.
Per la Cassazione, l'art. 82 del DPR 27 marzo 1955 in tema di prevenzione degli incidenti sul lavoro enuncia esattamente il principio a cui si è attenuta la Corte di appello, cioè l'obbligo di far sì che le macchine che »....per le operazioni di caricamento, registrazione, cambio di pezzi, pulizia, riparazione e manutenzione, richiedono che il lavoratore si introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi che possono entrare in movimento, devono essere provviste di dispositivi che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo della macchina e dei suoi organi durante la esecuzione di dette operazioni».
Per la Cassazione, anche se non si può ovviamente rimproverare al datore di lavoro di non avere utilizzato strumenti tecnici all'epoca inesistenti, il risultato della maggior possibile sicurezza deve essere nondimeno garantito. La Corte, inoltre, ha aggiunto che, anche se non è tecnicamente possibile conseguire la sicurezza assoluta, il rischio e i costi degli eventuali incidenti non possono certo farsi gravare sul lavoratore infortunato.
La responsabilità conseguente all'inosservanza dell'art. 82 cit. - norma che va coordinata con i principi generali enunciati dall'art. 2087 cod. civ. - è (anche) una responsabilità oggettiva, contrariamente a quanto afferma la ricorrente: pertanto il rischio inerente all'eventuale pericolosità dei macchinari grava sull'impresa, e non sui lavoratori o sui terzi.
Per la Cassazione, la circostanza indicata dalla titolare dell’impresa, secondo cui la stessa vittima avrebbe manomesso i pistoni di aggancio del cassone al carrello creando la situazione di pericolo, non sarebbe significativa (anche se fosse pienamente provata) in mancanza della prova che il dipendente era stato debitamente istruito circa il funzionamento della macchina e delle sue diverse parti e circa i pericoli che essa poteva presentare, o che era stato espressamente diffidato dall'eseguire il lavoro o dal compiere le manovre che hanno creato la situazione di pericolo.
In definitiva la Cassazione ha ritenuto che la colpa o la negligenza del lavoratore non necessariamente possono considerarsi concausa dell'evento dannoso, ove abbiano potuto esplicare efficacia causale solo a causa degli inadempimenti del datore di lavoro, soprattutto per la mancata adozione delle, cautele e della vigilanza prescritte per l'utilizzazione delle macchine.
Suprema Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza n. 4718 del 25 febbraio 20
fonte: newsfood.com
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martedì 11 marzo 2008
Per l’infortunio causato da macchinario pericoloso è sempre responsabile il datore di lavoro
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