Qualche dato tratto dall'ultimo rapporto dell'Agenzia europea dell'Ambiente, diffuso proprio l'altro ieri: dal 1990 al 2005, le emissioni di Co2 causate solo dai voli nazionali nei 15 stati della zona Euro sono aumentate del 44%; ma se si considerano tutti i voli europei, si scopre che l'aumento delle emissioni ha toccato il 73%. Al nuvolone nero contribuiscono anche gli errori umani, come le carenze del controllo aereo: nel 2006, nei voli europei si è registrato in media un «allungamento » di 50 chilometri; e queste piroette supplementari hanno comportato 4,7 milioni di tonnellate di Co2 in più.
Altri dati, spesso citati dalle imprese aeronautiche, assicurano invece che si deve agli aerei non più del 3% delle emissioni di Co2. Sia come sia, le previsioni parlano chiaro: il traffico passeggeri sui voli nazionali nella Ue continuerà ad aumentare di circa il 4,5% all'anno, e alla fine risulterà raddoppiato nel periodo 2000-2020. Morale: entro il 2020, le emissioni di Co2 dal traffico aereo europeo toccheranno i 284 milioni di tonnellate, il doppio di oggi. Se agli aerei si aggiungono auto, navi e treni, tutti i mezzi di trasporto produttori di gas serra, si comprende meglio il grido allarmato che lanciano gli esperti dell'Agenzia europea dell'ambiente, cioè gli stessi custodi designati dalla Ue: «C'è bisogno di fare molto ma sta accadendo troppo poco».
Ritardi e contraddizioni si spiegano bene; la materia è dannatamente complessa, l'industria aeronautica assicura 3 milioni di posti di lavoro nella Ue, e contribuisce al 2,5% circa del Pil europeo. Ma in realtà, un piano politico per ripulire i cieli esiste da anni. A dicembre, grazie a un compromesso, ha avuto il sì dei ministri della Ue. E ora, nel 2008, dovrebbe avere il suo varo definitivo, per entrare poi in vigore dal 2012. Due, i cardini: le compagnie aeree in arrivo o in partenza dalla Ue dovranno limitare le emissioni ai livelli del 2004-2006; e dovranno entrare almeno in parte nel cosiddetto «mercato dei permessi», che già si applica ad altre industrie, secondo il principio «chi inquina, paga ». Dovranno cioè comprare all'asta alcuni «permessi di emissione»: ma solo, pare, nel 10% dei casi, perché negli altri i casi i permessi saranno gratuiti come accade per certe raffinerie il cui lavoro è giudicato indispensabile. Su questo, divampa la discussione all'Europarlamento. «L'aviazione civile è sovvenzionata da decenni, ora è giusto che paghi per i permessi di emissione soprattutto sui voli brevi e medi dove si può anche scegliere il treno, meno inquinante — dice Paolo Costa, presidente della Commissione parlamentare trasporti —. E poi, negli Usa già da anni adoperano la leva fiscale sul cherosene ».
«No, pagare per i permessi sarebbe solo una tassa», dissente Philippe Eydaleine, vicepresidente del settore europeo dell'Air France-Klm.
fonte: corriere.it
Nessun commento:
Posta un commento